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Desmond Dekker - Israelites

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The Israelites

 

 

Get up in the morning, slaving for bread, sir
so that every mouth can be fed
Poor, poor me, the Israelite

Mi butto giù dal letto tutte le mattine (per) lavorare come uno schiavo, Signore, perché ‎tutte le bocche (da sfamare) abbiano qualcosa
Povero me, povero Israelita

Get up in the morning, slaving for bread, sir
So that every mouth can be fed
Poor, poor me, the Israelite

Mi butto giù dal letto tutte le mattine (per) lavorare come uno schiavo, Signore, perché ‎tutte le bocche (da sfamare) abbiano qualcosa
povero me, povero Israelita

My wife an’ my kids, they pack up an’ a leave me
Darling, she said, I was yours to be seen
Yeah, I said poor me, the Israelite

Mia moglie e i miei figli, li ha presi e li ha portati via da me / Caro, mi ha detto, fossi in te me lo sarei aspettato
Sì, ho detto, povero me, povero Israelita

(I gotta tell you) My shirt dem a-tear up, trousers are gone
I don't want to end up like Bonnie and Clyde
Oh-oh poor me, the Israelite

(Devo dirtelo) La mia camicia ed i miei pantaloni ormai sono a brandelli
(Ma) ‎non voglio finire come Bonnie e Clyde (1)
Oh-oh povero me, povero Israelita

(I gotta tell you) After a storm there must be a calm
Catch me in the farm, you sound your alarm
Poor, poor me, the Israelite

(Devo dirtelo) Dopo la tempesta deve esserci (un po') di calma
Mi hai fermato nella fattoria (Signore), hai fatto suonare il tuo allarme
Povero me, povero israelita (che sono)

(They said) Get up in the morning, slaving for bread, sir
So that every mouth can be fed
Poor, poor me, the Israelite

Mi butto giù dal letto tutte le mattine (per) lavorare come uno schiavo, Signore, perché ‎tutte le bocche (da sfamare) abbiano qualcosa
Povero me, povero Israelita

My wife an’ my kids, they pack up an’ a leave me
Darling, she said, I was yours to be seen
Yeah, I said poor me, the Israelite

Mia moglie e i miei figli, li ha presi e li ha portati via da me
Caro, mi ha detto, fossi in te me lo sarei aspettato
Sì, ho detto, povero me, povero Israelita

My shirt dem a-tear up, trousers are gone
I don't want to end up like Bonnie and Clyde
Oh-oh poor me, the Israelite

(Devo dirtelo) La mia camicia ed i miei pantaloni ormai sono a brandelli
(Ma) ‎non voglio finire come Bonnie e Clyde.
Oh-oh povero me, povero Israelita

After a storm there must be a calm
Catch me in the farm, you sound your alarm
Poor, poor me, the Israelite

(Devo dirtelo) Dopo la tempesta deve esserci (un po') di calma
Mi hai fermato nella fattoria (Signore), hai fatto suonare il tuo allarme  hai dato l’allarme
Povero me, povero israelita (che sono)

‎Poor me, the Israelite.
I wonder who I'm working for.
Poor me, Israelite,
I look a-down and out, sir.‎

Povero me, povero Israelita
Mi chiedo per chi sto lavorando
Povero me, l'Israelita
Mi guardo intorno senza speranze, Signore

 
   

Note

 

Nel 1969 dopo il grande successo in UK (primo posto in classifica) è arrivata anche in Italia questa canzone dal ritmo ossessivo e trascinante, nuovo. Si ballava nelle feste e i ragazzi (in gran parte del tutto ignari della lingua inglese, nei licei dell'inglese si studiava quasi solo la letteratura) si fermavano alla parola "israelita" che traducevano mentalmente con "israeliano" essendoci stata da poco la "guerra dei 6 giorni" con la vittoria degli israeliani guidati dal comandante militare Moshe Dayan e dalla presidente Golda Meir. Si chiedevano cosa c'entrassero mai con una canzone cosi ritmata ma la cosa finiva lì, anche perché Wikipedia non c'era e non era neanche stata immaginata da nessuno, assieme alla rete Internet, neanche nei racconti di fantascienza.

Nessuno o quasi sapeva che stava ascoltando uno dei primi successi reggae (imparentato in questo caso più con lo ska originario, ma già innovativo grazie alle intuizioni del musicista autore e interprete Desmond Dekker, ovviamente giamaicano, ma a Londra già da tempo). E che il povero Israelita era un etiope e un suo discendente giamaicano (o in generale un oppresso) credente nella religione rastafariana, quindi al mito della cattura e della deportazione dei rastafariani dalla terra natale, la mitica città di Sion (il nucleo di Gerusalemme, ma per loro era in Etiopia) ed erano Israeliti perché si ritengono una delle 12 tribù ebraiche.

A parte questo accenno si tratta però è uno dei pochi classici reggae che non trattano della religione rastafariana, ma delle ingiustizie del mondo di allora (e, per molti, anche di quello di ora).

(1) Il riferimento è al film del 1967 Gangster Story di Arthur Penn, successo mondiale di quegli anni.

  

Note pagina: Testo originale riprodotto per soli scopi di ricerca e critica musicale (Vedi Avvertenze) / Copia per usi commerciali non consentita

© Traduzione e commenti Alberto Maurizio Truffi  Giugno 2016

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