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 Le case discografiche - Majors e indies

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Le società che operano nel mercato della musica le chiamiamo comunemente case discografiche, mentre a livello internazionale vengono chiamate "labels"  o, le maggiori, "music companies" o "music groups". Non sono gli unici attori che operano in un settore in continua evoluzione e riassestamento, in conseguenza della rivoluzione digitale derivante dall'affermazione mondiale di Internet, ma rimangono l'elemento chiave perché operano dal lato più importante, quello della produzione della musica, a contatto con chi la crea. Tradizionalmente sono da sempre suddivise tra "majors", grandi gruppi multinazionali che controllano complessivamente più del 50% del mercato (sino all'80% in alcuni periodi) e "indies", compagnie indipendenti non collegate ai grandi gruppi, di dimensioni variabili, di frequente solo nazionali.

A queste analisi di mercato abbiamo dedicato diversi anni fa una sezione del sito, che è stata aggiornata sino al 2006, e che manteniamo visibile ormai solo come informazione storica (link) perché fortemente modificata negli ultimi anni a seguito dei forti cambiamenti sul lato della domanda indotti dalla già menzionata diffusione della musica digitale in rete.

Indice: Le majors / Le music companies / Labels e indies / Cosa caratterizza una major

 

Vedi anche: Diffusione e distribuzione della musica / Standard audio e video / Il mercato della musica

 

Le majors

 

Le tre compagnie multinazionali principali che rimangono attive sono: Universal Music Group (USA, ma controllata dal gruppo francese Vivendi), Sony Music Entertainment (Giappone - USA) e Warner Music Group (USA). Erano cinque sino alla seconda metà degli anni 2000. Le altre due, la BMG (Germania) e la EMI (UK) sono state assorbite in varie fasi (la EMI a partire dal 2012) rispettivamente dalla Sony e dalla UMG. Complessivamente anche se ridotte in numero continuano a controllare più del 70% del mercato globale, con una diminuzione del 2% dal 2010 al 2011.
Nella tabella seguente il market share delle majors della musica tra il 2011 secondo una analisi della società Music & Copyright, del gruppo Informa Telecom & Media, relativa alla somma del mercato fisico e digitale, citata da varie parti e, pensiamo, attendibile. Nella tabella sono inclusi ancora i dati della EMI, attiva per tutto il 2011.

Company

2010

2011

UMG

28,7%

27,9%

SME

23,0%

21,9%

WMG

14,9%

15,1%

EMI

10,2%

9,9%

Majors

76,8%

74,8%

Indies

23,2%

25,2%

Percentuali quindi simili a quelle dell'anno prima, anche se in leggera diminuzione, ma in un mercato globale di dimensioni ridotte (vedi l'analisi sul mercato della musica nel 2011).

 

Come è strutturata una music company

 

Essenzialmente è una società multinazionale, una corporation, che si occupa di produzione di contenuti musicali, attraverso accordi contrattuali con musicisti singoli e gruppi, e della vendita dei contenuti musicali stessi, sotto forma di copie (su supporto fisico, CD o digital download) oppure della riscossione dei diritti per la musica diffusa con varie modalità (radio, concerti e altri utilizzi vari).

La produzione è suddivisa per tutte le compagnie in una rete di etichette (labels) di proprietà della compagnie, che a loro volta possono essere articolate anch'esse in gruppo, con altre sotto-etichette, e possono essere inoltre organizzate a livello mondiale con filiali nazionali. Le edizioni musicali che si occupano della raccolta dei diritti sono invece più concentrate. L'articolazione in una pletora di etichette ha motivi storici ed è possibile che faciliti la relazione con il complesso mondo dei musicisti, ma probabilmente è anche all'origine dei costi interni di questi gruppi, che li mettono in difficoltà nella fase di margini sempre più ridotti iniziata con il nuovo canale Internet per la musica.

 

Labels e indies

 

Una singola label invece, a meno che non sia anch'essa un gruppo, non è strutturata in modo molto diverso se è indipendente o appartiene ad un gruppo multinazionale, ad una major. In entrambi i casi si tratta di una società che segue il modello di una casa editrice per il settore dei libri. La differenza è che nel settore librario la produzione dei contenuti è opera direttamente dell'autore, al massimo può essere necessaria una fase di verifica e correzione prima della stampa, mentre nel mondo della musica solo raramente l'artista arriva con un proprio nastro o file musicale auto prodotto. Le label quindi si occupano, in tutto o in parte, anche della fase di produzione dei contenuti musicali, con propri produttori esperti, turnisti o musicisti ospiti, studi di registrazione propri o affittati e così via.

Nella fase successiva di lancio del prodotto le cose ritornano più simili, e anche la etichetta discografica si occuperà della confezione con cui vendere il prodotto (fisica o immateriale che sia in entrambi i campi, ormai), della promozione, della scelta dei canali di vendita e degli accordi per utilizzarli e così via. Il tutto con l'obiettivo di vendere molte copie di quel contenuto musicale o letterario e trasformarlo così in fatturato e possibilmente anche ricavo da suddividere poi, in misura variabile in base al contratto sottoscritto, con l'autore o gli autori.

 

Cosa differenzia una major

 

Se questa è la schematizzazione corretta del ruolo di una etichetta discografica, in cosa si differenziano quelle che fanno capo alle major, e perché esiste ed è tradizionalmente perpetua questa netta definizione? Gli elementi differenzianti principali sono due: la massa critica (il volume di fatturato) che consente l'accesso a forme di promozione più estese ed efficaci, e la gestione "end-to-end" di tutto il ciclo del prodotto musicale, inclusa quindi la fase dei lungo periodo dello sfruttamento dell'opera musicale, ovvero la riscossione dei diritti d'autore o esecutore.

 

La promozione

 

Le majors hanno una forza economica sufficiente ad accedere alle forme di promozione più efficaci, che sono quelle collegate alla parte visuale del prodotto musicale. Passaggi in televisione e soprattutto videoclip garantiscono i migliori risultati per promuovere un prodotto (restiamo ovviamente nei territori della musica pop) e richiedono forti investimenti e una capacità negoziale all'altezza dei grandi gruppi dell'entertainment televisivo, anche internazionale per i prodotti globali, per raggiungere grandi riscontri di vendita. Basta cercare su YouTube o iTunes i videoclip ufficiali più celebri per notare che canzoni che da sole difficilmente avrebbero scalato le classifiche, perché simili a tante altre, hanno invece raggiunto un successo globale. Un esempio è il successo avuto nel 2011 da Bruno Mars, interprete simpatico, comunicativo e professionale, ma che è diventato il numero uno nel mondo in questo anno grazie ai formidabili videoclip che la sua music company ha fatto confezionare per lui, dopo averlo individuato (a ragione in questo caso) come un elemento su cui puntare.
Un videoclip efficace ha un grande valore, e spesso non basta un'idea, ma occorre una confezione e produzione costosa come quella di un film (molto più se parametrata sulla lunghezza) come si può notare, per fare un altro esempio, nei formidabili e rutilanti videoclip per Lady Gaga (sul podio assieme a Bruno Mars). Ma anche chi è in grado con una semplice idea di far riconoscere il prodotto e farlo comprare sa di avere qualcosa che vale molto. E molto si fa pagare.

 

Differenze, vantaggi e svantaggi

 

Ecco perché per un musicista passare ad una major fa la differenza. Avrà più possibilità di raggiungere il ristretto gruppo dei musicisti di successo. Possibilità e non certezze, e strada non obbligata, perché a volte basta il talento puro e semplice.
Ed ecco anche il motivo della diffidenza verso le majors: il loro obiettivo è il fatturato, e per ottenerlo sono pronte a condizionare il musicista e ad imporre scelte commerciali, non creative, non discontinue con il "mainstream", deprimendo la creatività. Un approccio che però potrebbe essere seguito anche da una compagnia indipendente che vuole crescere. O che potrebbe essere abbandonato da una etichetta di una major che punta invece alla pura forza della libera creatività.

In sintesi si tratta a nostro parere di una suddivisione "storica" e tradizionale, che ormai continua in base a discutibili soglie di fatturato (5% secondo la ricerca di mercato citata in precedenza, per cui quello che rimane del gruppo tedesco BMG, che è poco sotto il 5%, sarebbe una indie pur avendo la struttura di una major in piccolo) ed è soggetta a continue variazioni in uno scenario di continue fusioni e ricomposizioni derivanti dalla continua crisi del comparto. E non ha riferimento in altri settori di mercato, per esempio non ci sono major dell'auto, ma solo produttori con variabili situazioni di mercato.

 

Etichette e artisti

 

Nella pagina pubblicata a suo tempo avevamo incluso anche gli elenchi delle principali etichette di ciascuna major e gli artisti più noti sotto contratto per ciascuna di esse. Nel frattempo lo sviluppo di Internet e in particolare di Wikipedia consente di raggiungere in modo abbastanza completo queste informazioni, che quindi non duplichiamo. Per chi voglia sapere quali sono i musicisti sotto contratto per le tre majors il sistema più semplice è consultare il sito (che è strutturato quasi come un catalogo) delle rispettive società per la gestione e riscossione dei diritti musicali, che sono rispettivamente la MPG (Universal Music Publishing Group)  la Sony/ATV Music Publishing e la Warner/Chappell Music, a cui si aggiungono la EMI Publishing e la BMG Music, che continuano a rimanere indipendenti (non sappiamo per quanto).

 

Note e commenti

 

Commenti, integrazioni, osservazioni e dubbi possono essere comunicati compilando la nostra form.
Le immagini si riferiscono ai logo delle tre major superstiti alla data di pubblicazione di questa pagina, e puntano ai rispettivi siti globali.

 

© Alberto Maurizio Truffi - Musica & Memoria / Ottobre 2012

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