Articolo di Michele Bovi per OnSale Music
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Ha 73 anni l’antesignano delle canzoni bizzarre del nostro Paese, il
padre degli Skiantos, il nonno di Elio
e le Storie Tese. E’ tornato sul
palcoscenico con il suo Uovo alla Coque ed ha subito stregato i giovani.
"Baciami la vena
varicosa, succhiami il dente del giudizio, strappami il
pelo del neo, vampira vampira vampira cha cha". Non è un testo di Elio e
le Storie Tese, né di Freak Antoni e i suoi
Skiantos. Non c'entrano gli
Squallor. Sono versi scritti ed incisi molti anni prima, inizio
millenovecentosessanta, dal più audace e sgangherato dei pionieri italiani del
rock, Clem Sacco, classe 1933, una vita spericolata che neanche Blasco con
StivMecQuin, uno spirito libero che forse soltanto Voltaire…
Sacco nasce al Cairo, padre siciliano, madre piemontese, emigrati in Nordafrica
a cercar fortuna - lavorando sodo - come tanti altri italiani. Come i genitori
di Yolanda Gigliotti, ad esempio, compagna di scuola di Clem, lei sogna di fare
l'attrice, lui il cantante lirico. Scoppia la guerra e gli italiani in terra
egiziana diventano il nemico a portata di mano, il bersaglio immobile su cui
infierire. Papà Sacco e papà Gigliotti finiscono in carcere. Giorni terribili
che producono miseria e mortificano le illusioni. A conflitto terminato i
giovani se ne vanno. Yolanda a Parigi dove diventerà Dalida, Clem a Milano per
studiare canto. Per mantenersi alla Civica Scuola di Musica Lirica Clem scarica
cassette di mele e pomodori ai mercati generali e insegna body building
(all'epoca si chiama Cultura Fisica) in un paio di palestre. Vanno di moda i
film di Ercole e Maciste e Clem, che in Egitto ha praticato a lungo il
decathlon, ha il torace e i bicipiti di Steve Reeves. Però il suo mito è
Enrico Caruso. Si diploma in canto e si presenta a un'importante audizione: a
Mantova cercano un giovane baritono per la stagione lirica. Ma Clem arriva
secondo e decide che non vestirà mai più i panni di Rigoletto, se vuole
mangiare due volte al giorno deve darsi alla musica leggera: night-club e balere
sono più accessibili e meno impegnativi della Scala.
E' il 1955 e dalla lontana
America arriva l'eco di ritmi inediti e fascinosi: un chitarrista grassoccio con
un buffo ricciolo alla Macario, tale Bill Haley, lancia un genere battezzato
Rock and Roll e canta un brano che fa danzare pure le sedie, "Rock Around
The Clock". Milano si appropria della moda, tra gli orchestrali che fanno
capannello alla Galleria del Corso circolano spartiti taroccati, giri di accordi
rubati al juke-box, nastrini di pezzi registrati col Geloso. In un paio d'anni
all'ombra della Madonnina si forma una scuderia di interpreti rock di cui tutta
l'Italia giovane, ribelle, marlonbrandiana e jamesdeaniana favoleggia. I
pionieri del rock tricolore si chiamano Giuseppe Negroni,
Franco Vicini, Johnny
Baldini, Silvano Silvi, Big Guidano (poi
Guidone), Fausto Denis (poi
Leali),
Jean Luck (poi Luciano Vieri), Brunetta,
Ghigo e Clem
Sacco. A fine decennio al
gruppo si aggiungono quelli che diventeranno i più famosi: Baby Gate (poi
Mina), Adriano
Celentano, Giorgio Gaber. Ai periodici raduni milanesi della
nuova musica che si alternano tra Palazzo del Ghiaccio e Teatro Smeraldo,
partecipano abitualmente anche due stranieri, l'inglese Colin Hicks (and His
Cabin Boys), stanziale al Santa Tecla e il sammarinese Little Tony (and His
Brothers), "er mejo rocker de Roma", di ritorno da una folgorante
esperienza artistica londinese.
Ed è proprio Clem Sacco l'unico a contendere al
Molleggiato il picco degli applausi. Grazie alle sue canzoni pazze come "Oh
mama, voglio l'uovo à la coque" e alle sue altrettanto pazze esibizioni in
mutande leopardate. In realtà Clem e Ghigo hanno una marcia in più rispetto
agli altri: sono gli unici a comporre i propri brani. Ghigo scrive e interpreta
"Coccinella" con cui riesce ad ottenere un passaggio televisivo al
"Musichiere" di Mario Riva, ma poi incappa nella censura con altre
canzoni ritenute equivoche. Sacco il veto della censura ce l'ha stampigliato in
fronte da quando è nato: ogni suo brano "Enea con il neo", "Il
deficiente" , "Spacca, rompi, spingi" per tacer di vene varicose
e uova alla coque, appare come un ignominioso sberleffo al comune senso del
pudore. Eppoi, diamine, presentarsi al pubblico in mutande leopardate!
"All'indomani di quella esibizione, era il 1961 allo Smeraldo - racconta
Clem Sacco -
andai negli uffici della mia casa discografica, la Durium, convinto
di ricevere l'accoglienza estasiata del presidente Krikor Mintangian, perché a
Milano non si parlava d'altro se non del mio uovo alla coque in mutande. Lei ci
ha trascinati nella vergogna con quella schifezza di spettacolo! Mi urlò invece
sulla faccia Mintangian invitandomi ad uscire e insieme diffidandomi dal
ripresentarmi nuovamente al suo cospetto. Così all'embargo della Rai si
aggiunse presto quello dei discografici e degli editori".
La
collaborazione con il Clan e gli anni del beat
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Ma Clem non si perde d'animo: nel 1961 è la voce solista dei Ribelli, il gruppo
del Clan di Celentano: sostituisce Adriano partito per il servizio militare.
"Con il consenso di Adriano sui manifesti compariva questa scritta: Il Clan
Celentano presenta i Ribelli, canta Clem Sacco - ricorda il maestro Natale
Massara, allora sassofonista dei Ribelli - Clem era l'unico sulla piazza che
potesse avvicendare il Capo di cui riproponeva tutto il repertorio aggiungendo
poi i propri pezzi che erano esilaranti ed esplosivi. La gente si divertiva un
mondo: Clem era una forza della natura". Terminata la ferma Celentano
incide una sua canzone "Basta" e Sacco forma un nuovo gruppo, I
Califfi con alla chitarra Gino Santercole (nipote di Celentano) e alla batteria
Enrico Maria Papes, in seguito percussionista e vocione dei Giganti.
A credere
in lui c'è anche il commendator Angelo Bottani, braccio destro del presidente
dell'Inter Angelo Moratti. Bottani, poliedrico operatore economico, si è
imbarcato nell'operazione Cinebox, il juke-box con le immagini che affascina i
ragazzi dei primi anni sessanta e scrittura Sacco per la realizzazione di cinque
pellicole: sono filmati ritenuti oggi i più brillanti antenati del videoclip.
Anche il regista Carlo Infascelli chiama Clem per interpretare uno svitato
carcerato nel suo film del 1963 "Canzoni, bulle e pupe". Ma la censura
di radio e televisione e il cartellino rosso sollevato dal potentissimo
Mintangian fanno di Clem un prodotto fuori mercato. Lui non demorde, continua a
scrivere canzoni su canzoni, dai testi sempre più strampalati e trash,
costretto a creare una propria etichetta per inciderle e a far da sé anche per
distribuirle.
Il
pensiero positivo di Clem
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"A Milano, di fronte al negozio delle Messaggerie Musicali, era
perennemente parcheggiato il camper di Clem Sacco - racconta il maestro Vince
Tempera - era il suo personale supermarket: vendeva i suoi dischi, le
musicassette e mille altre cose, dai tagliaunghie alle carte da poker con le
donnine nude. Io che avevo avuto occasione di suonare il piano nel suo gruppo e
conoscevo bene quindi il talento dell'artista trovavo assurda e mortificante
quella situazione. Eppure lui la viveva alla grande: sempre allegro, vitale,
coraggioso. In una sua canzone c'è un verso che fa "papà, voglio un
quarto di leone". Ebbene, sicuramente il padre lo aveva accontentato. Ho
incontrato Clem nei giorni scorsi: soltanto un paio di lenti e qualche ruga in
più rispetto ad allora; nei modi, nella voce e nello spirito è rimasto il
leone di quarant'anni fa".
Per sopravvivere Clem s'inventa mille mestieri: fa il modello all'Accademia di
Brera per lo scultore Francesco Messina, rappresentante di commercio,
enciclopedie porta-a-porta e le serate che riesce a strappare ad impresari
sempre più avari di contratti.
"Un impresario mi disse: non c'è niente per te. - racconta Sacco - A meno
che … ma non oso nemmeno proportelo. E' un lavoro che tutti rifiutano, anche
quelli un po' … diversi … figuriamoci tu... Risposi che avrei accettato
qualsiasi ingaggio. Mi disse che si trattava di un contratto per sei mesi come
attrazione all'Alexander Bar, locale esclusivo per omosessuali. Non glielo feci
ripetere due volte: accettai di corsa. Comprai una parruccona di capelli lunghi
e cambiai nome: per sei mesi fui Clementina Gay, una sorta di orribile
travestito che però cantava rock forsennato. Con moglie e due figli da
mantenere accolsi l'Alexander Bar come un regalo del cielo".
Col passare degli anni la musica per Clem diventa sempre più un'occupazione
secondaria, ma mai abbandonata. Da molto tempo vive a Tenerife, nelle Isole
Canarie: lì ha cantato di tutto ovunque, rock, classici e folk nei ristoranti
e nei night-club.
E' tornato ad esibirsi quest'estate in Italia, invitato da Musicultura a
Macerata. Un fiume di applausi per quel nonno carico di dinamite che piace
soprattutto ai ragazzi. Tre gruppi giovani hanno inciso le sue canzoni: Gaby e i
Batmacumba (vedi Modena City Ramblers), i Serf e i Cabona Abusers.
"Oggi son capaci tutti di infarcire le canzoni con cachi ed ombrelloni -
dice Vince Tempera - il mercato accetta e anzi benedice ogni provocazione.
Molta oscenità ma nessuna trasgressione. Clem è stato il primo. Ed era
autentico: ha pagato la sua arte e la sua audacia con la disapprovazione dei
moralisti e il veto dei codini. Senza neppure mai reclamare".
Per Clem Sacco, Protodemenziale del Rock, è l'ora del riscatto.