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Antonello Venditti - Notte prima degli esami (1984)

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Antonello Venditti è considerato un cantautore lineare e diretto sia nella composizione della musica sia nei testi, e quindi sembra inutile per lui un lavoro di lettura attenta dei testi per approfondire i significati, come abbiamo fatto per Franco Battiato o Francesco Guccini. Eppure i molti riferimenti e la distanza temporale che pian piano si allarga consentono di scoprire immagini e significati meno immediati. Ma forse più interessanti perché sempre riferiti alla esperienza di vita reale della sua generazione.
Come per le canzoni di Battiato, anche queste spiegazioni nascono solo dalla logica e dalla immedesimazione, e sono solo una delle possibili interpretazioni delle immagini evocative proposte dalla canzone con il suo mix di musica e parole.

Tre decenni raccontati da Venditti: '60 (Notte prima degli esami, Giulio Cesare) / '70 (Compagno di scuola, Sotto il segno dei Pesci) / '80 (Questa insostenibile leggerezza dell'essere)

 

Commento

  

(1) Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra
e un pianoforte sulla spalla,
come i pini di Roma la vita non li spezza,
questa notte è ancora nostra,

 

.

Ancora una canzone che nel pieno degli anni '80 ritorna nel ricordo agli anni '60, alla fine del decennio, quando Venditti assieme ad un gruppo di amici musicisti inizia il suo percorso nel mondo della musica. Gli amici erano Ernesto Bassignano, Giorgio Lo Cascio e ovviamente Francesco De Gregori, il loro locale di riferimento era il Folkstudio, ma sul passare del decennio e con gli inizi della notorietà erano tutti e quattro assieme o in parte, più magari Mimmo Locasciulli, sui palchi delle feste de L'Unità di Roma o al Teatro Centocelle di Dacia Maraini, dove all'autore delle note era capitato di sentire appunto Venditti e Bassignano, assieme a un piccolo gruppo di spettatori e amici, proporre le loro prime composizioni. Accessibili e vicini ad un pubblico che li conosce appena, una dimensione che al Venditti "da stadio" suscita una intensa nostalgia.

(2) Come fanno le segretarie con gli occhiali
a farsi sposare dagli avvocati.
Le bombe delle sei non fanno male,
è solo il giorno che muore, è solo il giorno che muore.

 

Una immagine apparentemente nonsense, forse il ricordo di un'amica, seguita da un bozzetto d'epoca. Le "bombe delle sei che non fanno male" sono probabilmente un accenno ad una specie di rituale semi-politico che si era cristallizzato a Roma nei primi anni '70. Il movimento studentesco si era diviso in un gran numero di gruppi extra-parlamentari di estrema sinistra, a volte alleati, a volte in competizione per la leadership. Nella facoltà di Lettere della Sapienza un'aula era stata lasciata a loro uso esclusivo a tempo indefinito, era l'aula "intergruppi", dove quasi ogni settimana si organizzava la manifestazione del sabato. Un motivo c'era sempre, contrastare qualche riforma della scuola, il Vietnam, la Grecia sotto il regime fascista dei colonnelli. Alla presidenza i rappresentanti del gruppo dominante (per lungo tempo Lotta Continua) e sui banchi gli altri. Si organizzava alla fine in qualche modo la manifestazione sui soliti percorsi (Piazza della Repubblica, Via Cavour) precisando chi era in testa, chi faceva il servizio d'ordine e così via. Solo che erano gruppi teoricamente rivoluzionari (anche se propensi a tornare a casa la sera) e quindi qualche esponente di un gruppo che si riteneva più a sinistra degli altri prima o poi gridava che "non basta una sfilata" e per concretizzare il concetto lanciava una bottiglia molotov contro qualche obiettivo non troppo pericoloso. La polizia, che partecipava al rituale, annunciava la carica con i regolamentari squilli di tromba e lanciava qualche candelotto lacrimogeno. Dopodiché qualche fuga e qualche inseguimento a piedi e la manifestazione finiva intorno alle sei del sabato pomeriggio, ma non era stata una sfilata. Ovviamente, questo rituale sempre più stanco segnava la lenta fine del movimento del 1968, il "giorno che muore".

(3) Gli esami sono vicini
e tu sei troppo lontana dalla mia stanza,
tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto,
stasera al solito posto, la luna sembra strana
sarà che non ti vedo da una settimana.

Si torna indietro agli anni del liceo e alla fase della vita che è il tema della canzone, lui e lei compagni di classe o almeno della stessa scuola (il liceo classico Giulio Cesare) e impegnati nel ripasso finale che ingloba tutto.

(4) Maturità t'avessi preso prima, le mie mani sul tuo seno, è fitto il tuo mistero,
e il tuo peccato è originale come i tuoi calzoni americani,
non fermare, ti prego, le mie mani
sulle tue cosce tese, chiuse come le chiese
quando ti vuoi confessare.

 

Se avesse dato retta alla mamma (che era una professoressa, come sappiamo) e avesse saltato quell'anno alle medie ... Ora almeno lui sarebbe libero di sognarla e possibilmente possederla senza essere ossessionato da Dante, Ariosto e dalle altre materie trascurate durante l'anno (se era l'esame post-68 semplificato, come supponiamo). La citazione ai calzoni americani è un altro richiamo all'epoca, al mercatino di Via Sannio (o altri minori) dove erano in vendita indumenti teoricamente usati o invenduti provenienti dalle basi americane nel nostro paese. Almeno così si diceva, i più malfidati ritenevano invece che fossero fabbricati allo scopo a Forcella.

(5) Notte prima degli esami, notte di polizia,
certo qualcuno te lo sei portato via,
notte di mamme e di papà col biberon in mano,
notte di nonne alla finestra,
ma questa notte è ancora nostra,

 

 

Chissà se il titolo molto efficace di questa canzone, diventata poi lo spunto per un fortunato film degli anni 2000, è stata ispirata da un romanzo di quegli anni di uno scrittore russo, ma tradotto e noto anche da noi, Juri Trifonov. Il suo libro si chiamava "La notte prima dell'esame di maturità" e, pur in un contesto sociale totalmente diverso, la Russia sovietica al tempo di Breznev, tra disincanto e rassegnazione, racconta una storia adolescenziale di nostalgia non molto diversa. Propendiamo per il sì.
Nel primo verso ci sono gli anni '60 ricordati prima, nei tre successivi gli anni '80, quelli che si sono persi, quelli alle prese con i figli piccoli, quelli ancora in famiglia, ma la notte "è ancora nostra".

(6) Claudia non tremare, non ti posso far male,
se l'amore è amore.

 

 

Lo struggente ricordo con cui si chiude in pratica la canzone. Ritorniamo al "solito posto" della terza strofa. I due studenti diciannovenni si incontrano, stanchi dopo una giornata intera di studio, in una calda notte di Roma, con la regolamentare luna in cielo, il vento che si alza mentre la notte avanza fa tremare di freddo per un attimo Claudia, la sua ragazza, e lui l'abbraccia più forte che può.

(7) Si accendono le luci qui sul palco
ma quanti amici intorno che viene voglia di cantare,
forse cambiati, certo un po' diversi
ma con la voglia ancora di cambiare,

Non manca però un'ultima strofa, nella quale Antonello ricorda ai ragazzi che lo stanno ascoltando nel grande stadio che sì, ora lui è lì con un grande impianto luci e potenti altoparlanti, ma è stato uno di loro e si sente ancora uno di loro, con la stessa voglia di cambiare il mondo.

Se l'amore è amore
se l'amore è amore
....

 

   

Autori: Antonello Venditti / © Intersong Italiana

 

La canzone è stata pubblicata per la prima volta sull'album Cuore, del 1984.

   

© Commento e Note Alberto Maurizio Truffi Ottobre 2014 / Musica & Memoria

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