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La distribuzione della musica su supporto fisico

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Lo sfruttamento economico della musica vede il concorso di tre soggetti: il creatore, il mediatore e il distributore. Nel caso della musica il creatore è l'autore e/o l'interprete, il mediatore è il detentore dei diritti, quindi l'editore, la casa discografica o l'associazione (es. SIAE) alla quale il creatore vende o affida i diritti di copia, non potendoli gestire in proprio a causa della complessità e vastità del mercato, il distributore è rappresentato dal canale attraverso il quale il prodotto è venduto sul mercato, il mezzo di distribuzione è il supporto fisico (es. CD) o immateriale (es. file) sul quale il contenuto musicale è replicato.
In questa pagina sono descritti i vari tipi di supporti fisici che sono stati utilizzati da quando lo sviluppo della tecnologia ha consentito la registrazione e distribuzione di contenuti musicali e audio. Le informazioni sulla evoluzione dei supporti digitali sono contenute nella pagina dedicata agli standard audio e video.

 

La distribuzione su supporto fisico

La distribuzione su supporto immateriale

La duplicazione del supporto

Lo spartito / La registrazione del suono / La stereofonia e l'alta fedeltà / Il disco fonografico, dal 78 al 33 giri / Il nastro magnetico / I supporti alternativi: Stereo8 e cassette / Il supporto digitale: il CD / I nuovi supporti: SACD, DVD-Audio, Dual Disc / I canali di distribuzione 

La distribuzione via Internet / Il portale XYZ Music / Lo stato della distribuzione digitale / Il catalogo / Il formato / Le politiche di vendita / Portali specializzati, portali universali e mercato / Alcuni portali in dettaglio / La rivoluzione digitale all'opera (iTunes)

La registrazione del suono / Le musicassette / Il masterizzatore e il suo uso non previsto / Piccola storia della duplicazione non autorizzata / La duplicazione per mezzo di Internet: la compressione MP3 e la copia peer-to-peer (P2P)

 

La distribuzione su supporto fisico

 

I supporti fisici nel secondo decennio

La storia del supporto fisico:

Lo spartito / La registrazione del suono / La stereofonia e l'alta fedeltà / / Il disco fonografico, dai 78 ai 33 giriIl nastro magnetico / I supporti alternativi: Stereo8 e cassette / Il supporto digitale: il CD / I supporti per l'alta definizione: SACD e DVD-Audio / Il DualDisc / Il DVD Universale per la musica / La tecnica di registrazione e i SACD / La tecnica di registrazione e il vinile / Il tramonto dei supporti fisici in alta definizione

 

I canali di distribuzione

Vedi anche:

La diffusione della musica / Gli standard audio e video / Le major del disco / Stereofonia e Hi-Fi: FAQ / Il mercato della musica / Le majors e Internet / La radio / Musica e tecnologia / L'alta definizione

Link:

Il blog su tecnologia e mercato / Musica & Memoria in English (Music Graffiti)

 

 

I supporti fisici nel secondo decennio

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Falliti nel primo decennio i due tentativi paralleli dell'industria discografica di proporre un successore del CD (il SACD e il DVD-Audio) nel secondo decennio i supporti fisici superstiti con effettiva presenza sul mercato sono unicamente il CD e il vinile LP e hanno un'incidenza molto ridotta sul mercato.
Nel 2019 il mercato dei supporti fisici era in USA il 13% del totale. Al suo interno l'incidenza del vinile, trascurabile nel 2005, è cresciuta continuamente, arrivando al 44% nel 2019.

Oltre a questi due, con diffusione e un mercato di nicchia di valore molto ridotto, continuano ad essere in produzione con nuove uscite:

  • SACD di classica da etichette minori specializzate (disponibili anche sul web);
  • Musicassette Philips, in alcuni Paesi (diffusione locale)
  • Bobine esclusivamente analogiche di alta qualità (siti specializzati, settore di nicchia).

Il primo canale di distribuzione: lo spartito e l'esecuzione privata

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La notazione musicale, che come è noto si è sviluppata nella forma attuale dal Medio Evo in poi, consente di diffondere e riprodurre la musica, così come un libro consente di distribuire un testo e leggerlo, da soli o in pubblico. Il libro ha consentito di passare dalla traduzione orale alla storia. La notazione ha consentito di tramandare le esecuzioni, i concerti.

Nel caso del libro solitamente è lo stesso utente che è in grado di leggere il testo. Nel caso della musica è più frequente la necessità di un esecutore, con il ruolo di un pubblico lettore di libri ai tempi dell'analfabetismo. Non tutti come Beethoven (forzatamente) o i grandi direttori di orchestra sono in grado di leggere uno spartito e figurarsi nella mente il brano musicale leggendo. Anche perché la notazione musicale è meno "oggettiva" di quella della parola parlata, e richiede una interpretazione.

Quindi le prime forme di diffusione della musica verso gli utenti finali (non per i musicisti professionali) sono iniziate nell'800 con le riduzioni per pianoforte. Si trattava di spartiti semplificati di opere più complesse (per esempio una sinfonia) pensati per essere suonati al piano, anche da dilettanti. Il risultato era una riproduzione casalinga dell'originale, ovviamente approssimata, per la quale era sufficiente che in famiglia ci fosse qualcuno capace di leggere uno spartito e suonare il piano, e questo era lo standard in una famiglia nobile o borghese dell'800.

(Il pianoforte è lo strumento più adatto perché ha il "gradino di accesso" più basso tra tutti gli strumenti: essendo a intonazione fissa ognuno è in grado di estrarne una nota o un accordo, a differenza del violino, della tromba o del flauto traverso, che richiedono abilità tecnica anche per questo. Suonarlo bene è altrettanto difficile, ma raggiungere un livello intellegibile richiede un impegno minore).

E' citata in quadri e libri dell'800 la scena della famiglia e degli ospiti riuniti per una audizione musicale nel salotto buono, con uno o due suonatori, seduti davanti al pianoforte di casa e intenti a riprodurre i successi del momento. E al pianoforte, come nella stampa riprodotta sopra, poteva anche esserci anche Schubert in persona ad accompagnare uno dei suoi 600 e più lieder.

Gli spartiti, le edizioni musicali, erano quindi sia un mezzo di distribuzione, sia un mezzo di diffusione, con il supporto dei suonatori dilettanti delle buone case aristocratiche e borghesi.

Vedi anche: un'ampia raccolta di riproduzioni di spartiti anni '60 / Dalla musica allo spartito

 

Le prime tecniche di registrazione del suono

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Già dal '700 iniziavano però i tentativi di registrare proprio il suono della musica, e rendere quindi possibile la distribuzione su supporti in grado di riprodurre direttamente la musica

La prima tecnica messa a punto è stata quella dei rulli, ovvero del carillon, tuttora usata dai suonatori di strada nelle pianole. Il rullo consentiva di trasferire la notazione musicale direttamente su uno strumento a tastiera (clavicembalo, piano o altre varianti), identificando la sequenza dei tasti. Era sufficiente applicarlo ad uno strumento predisposto e girare la manovella alla giusta velocità per ricreare nell'etere il brano musicale. Ovviamente la approssimazione era ancora maggiore, e la durata molto limitata. Ma si trattava del primo riproduttore.

Il passo successivo da compiere era registrare la musica, cioè catturare l'evento musicale. I primi tentativi a fine '800 sono stati fatti proprio con i rulli. Era sufficiente infatti invertire il processo, cioè modificare il rullo, "incidendolo", per esempio con il "punzografo" dei fratelli Curci,  quelli delle omonime edizioni, mentre il musicista suonava il pianoforte, per catturare la sequenza e la temporizzazione dell'esecutore; ovviamente servivano rulli più ampi di quelle delle pianole (o più rulli) e un metodo di sincronizzazione, ma con questo sistema sono arrivate sino a noi "registrazioni" di importanti esecutori di fine 800 o inizio 900, come per esempio quelle registrate per la Ampico dal grande pianista e compositore russo Serghei Rachmaninov, che è stato possibile poi riversare su disco ricreando con buona approssimazione l'evento originale (vedi anche gli approfondimenti sulle tecniche di registrazione a rulli musicali).

Alcuni rulli della Discoteca di stato 
www.dds.it )

Il primo vero strumento per la registrazione del suono, e non della esecuzione, indipendente quindi dagli strumenti ed in grado di registrare il canto, è stato però, come tutti sanno, il fonografo. Curiosamente il suo inventore, Thomas Alva Edison (il famoso inventore e industriale cui si devono, tra l'altro, la lampadina, il film a 35mm, la macchina da scrivere elettrica) non aveva intuito il potenziale della tecnologia che aveva messo a punto. In un articolo del 1877 elencava infatti dieci possibili usi per "spingere" la nuova invenzione, che andavano da registrare libri per ciechi, tramandare le ultime parole dei moribondi, annunciare l'ora esatta, insegnare a scrivere sotto dettato, ma non era elencata la registrazione della musica.

(A lato l'"Edison Standard Phonograph")

L'elemento base del fonografo era il primitivo microfono, chiamato phonoautograph, in realtà una invenzione di 20 anni prima di un altro scienziato, Leon Scott. Era basato su una membrana di carta, mossa dalla voce o dal suono (che provoca vibrazioni nell'aria, come noto), che guidava a sua volta una penna e registrava la sinusoide del suono. Edison aggiunse un amplificatore meccanico per il suono in ingresso, una tromba, e un sistema di registrazione basato sui rulli, in particolare veniva usato nei primi apparecchi un incisore su carta stagnola. Era nato così il precursore del convertitore analogico / digitale, in grado di codificare un messaggio complesso come il suono, in una codifica riproducibile e duplicabile.

Il fonografo ebbe il successo che sappiamo per riprodurre la musica, ma sin dagli inizi del 900 si realizzò quella separazione tra il momento della registrazione, ovvero della conversione, ed il momento della vendita e della riproduzione della musica registrata, che dura tuttora.

Immagini di rari fonografi sono visibili sul sito della Discoteca di stato: www.dds.it nel "Museo virtuale" dedicato alla collezione di strumenti per la riproduzione del suono.

Infatti il fonografo, che pure era nato come registratore, in particolare della voce umana, ebbe successo invece come riproduttore, mentre la fase della registrazione, effettivamente molto più complessa di come Edison pensava, veniva gestita dai professionisti, cioè le case di edizione e poi le case discografiche.

Nasceva così il mercato della musica riprodotta, come estensione e moltiplicazione della musica editata - gli spartiti. Ora le case editrici che detenevano i diritti degli artisti potevano mettere in commercio non lo spartito, ma un supporto sul quale era registrata la musica o la esecuzione da vendere, e i fruitori, gli utenti finali, acquistavano il diritto di riprodurla sui loro fonografi casalinghi, ed erano una platea ben più ampia, perché comprendeva anche chi non conosceva la musica.


A lato: Annuncio pubblicitario del 1898: il fonografo era già un "prodotto di massa".

La distribuzione di massa della musica suonata attraverso un supporto fisico iniziava però, nei primi anni del '900, con una successiva tecnologia, il disco a 78 giri di gommalacca (1878, Berliner). Il 78 giri in gommalacca era, infatti, un supporto più pratico e soprattutto più fedele del rullo in cera che andava a sostituire, in quanto la catena di riproduzione testina - disco - diffusore consentiva di riprodurre una banda di frequenza più ampia e quindi anche musica e strumenti con una estensione maggiore di quella della voce umana, alla quale erano ristretti invece i rulli di cera, che comunque rimasero in uso sino agli anni '20 per il parlato.

Il 78 giri conteneva un massimo di 4-5 minuti di musica, era pesante e fragile, la fedeltà del suono con i primi riproduttori esclusivamente meccanico-acustici era limitata, ma consentiva di apprezzare come mai avvenuto prima una canzone o un'aria d'opera.

(Nella immagine a lato, la pubblicità di inizio '900 del fonografo Victrola, commercializzato dalla casa discografica che poi prenderà il nome dalla sua immagine pubblicitaria, His Master's Voice, ovvero La voce del padrone in italiano - la odierna EMI - il ballo e le feste danzanti sono il suo target)

Gli editori diventavano così case discografiche, e la riproduzione casalinga della musica era alla portata anche di chi non era in grado di leggerla o suonarla.

 

La riproduzione della musica. La stereofonia e l'alta fedeltà

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In parallelo alla evoluzione delle tecniche di registrazione sono andate evolvendo anche le tecniche di riproduzione dell'evento musicale in ambito casalingo.

Ai tempi delle riduzioni su spartito o dei rulli per pianoforte lo strumento per la riproduzione era il pianoforte stesso.

L'avvento del fonografo a rulli ha introdotto come strumento per la riproduzione l'altoparlante del fonografo stesso, una tromba che amplificava in modo meccanico-acustico il debole segnale che proveniva dal pettine che leggeva il rullo di carta stagnola. Si trattava di una riproduzione approssimata, in quanto la tromba non poteva ricreare né la timbrica degli strumenti e/o delle voci originali, né coprire la loro estensione in frequenza, né ricreare le sensazioni di un concerto dal vivo (disposizione degli strumenti, dinamica e volume sonoro).

Lo stesso sistema di amplificazione era utilizzato per il disco 78 giri, il primo vero riproduttore (relativamente) di massa, dove la sorgente del suono era la testina metallica che si muoveva seguendo la sinusoide incisa nel solco del disco, con una relativa maggiore fedeltà garantita dal nuovo supporto.

La introduzione di componenti attivi, i tubi a vuoto o valvole termoioniche, e quindi dell'elettronica civile, ha consentito a partire dagli anni '30 la amplificazione elettronica del suono, e quindi la realizzazione di sistemi di riproduzione più vicini all'evento reale, mediante l'uso di altoparlanti elettro-magnetici (gli stessi in uso tuttora) per la conversione dal segnale registrato in suono, in grado di riprodurre frequenze più basse e volumi più elevati.

La vera svolta è avvenuta negli anni '30 per merito di Alan Dower Blumlein, con la invenzione della stereofonia, una tecnica di riproduzione che arriverà nelle case a partire dagli anni '50 (purtroppo dopo la morte in guerra di Blumlein, un importante scienziato e inventore inglese, impegnato in quegli anni nella messa a punto del radar), cioè dopo la affermazione del microsolco a 33 giri (1947) che consentiva di registrare effettivamente il complesso segnale stereofonico. Il microsolco non era l'unica tecnologia che consentiva questo risultato, perché anche i nastri magnetici, messi a punto in Germania negli anni precedenti la II guerra mondiale, potevano memorizzare un segnale audio di qualità adeguata, se non superiore. La maggior praticità del microsolco ne ha fatto però il supporto di maggior utilizzo.

La stereofonia, che parte da osservazioni di acustica sulla ricostruzione spaziale effettuata dal sistema uditivo dell'uomo, consente di ricreare l'evento sonoro ricomponendo la posizione degli strumenti e delle voci al momento della registrazione, assieme all'ambiente nel quale essi suonano, utilizzando semplicemente due sorgenti di suono (sistemi di altoparlanti o "casse acustiche") poste ai due vertici di un triangolo equilatero il cui terzo vertice è occupato dall'ascoltatore.

Un classico pre-amplificatore Hi-Fi: il McIntosh C28Alla effettiva ricostruzione in "alta fedeltà" (high-fidelity o Hi-Fi), quindi con una credibile ricostruzione nell'ambiente casalingo dell'evento sonoro in tutte le sue componenti (timbrica, posizionamento spaziale, estensione in frequenza, dinamica) si è arrivati per gradi a partire dagli anni '50. In quel decennio sono infatti arrivati nel mercato di massa il disco microsolco stereo LP a 33 giri e la testina magnetica, i registratori a nastro magnetico a bobina, gli amplificatori a valvole (Marantz, McIntosh, Radford, Quad) ed i sistemi di altoparlanti a gamma estesa, a tromba come i Klipsch, elettrostatici come i Quad ELS, dinamici come gli ElectroVoice, con successivi significativi miglioramenti negli anni '60 (i sistemi di altoparlanti AR - Acoustic Research - i primi ad utilizzare la sospensione pneumatica ed altoparlanti a cupola per le medie ed alte frequenze - il modello AR-3 del 1957 - i sistemi AR avevano una estensione sui bassi e una correttezza timbrica sui medio-alti che si poteva definire effettivamente Hi-Fi, ma con ingombri e prezzi accessibili ad un pubblico più vasto).

Ulteriori progressi sono stati fatti negli anni successivi, soprattutto sulla dimensione della dinamica, ma i risultati principali si potevano considerare già raggiunti negli anni '60. Non sono mancati tentativi di andare oltre la stereofonua nella ricostruzione spaziale, prima con la quadrifonia, negli anni '70 (presto abbandonata perché la maggiore complessità non era compensata da miglioramenti proporzionati, anzi forse si introducevano elementi che falsavano il risultato finale) e, con analogo approccio ma tecniche digitali, con i sistemi multicanale attuali (5+1 e oltre), di derivazione cinematografica (home-theatre) per i quali valgono le stesse perplessità.

 

Il disco fonografico

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Per tutto il secolo 900 il supporto principe per la distribuzione è stato il disco fonografico analogico. Nella prima parte del secolo, fino agli anni '50, si trattava di un disco a 78 giri in gommalacca. Dagli anni '50 è stato il disco microsolco in vinile, nei formati da 7" (18cm) e 12" (30cm), e con rotazione a 33 giri e 1/3, 45 giri e 16 giri. Il disco a 33 giri e 12" poteva contenere sino a 46' di musica sulle due facciate ed è stato quindi chiamato Long Playing (lunga durata di ascolto) o LP, proprio in contrapposizione al 78 giri che conteneva meno di 10' sulle due facciate.

Il disco a 78 giri aveva le dimensioni di un LP e poteva contenere una singola canzone per facciata, inoltre era molto più fragile e pesante, ed aveva una fedeltà (gamma di frequenze e dinamica registrabili) molto inferiore.

Il disco LP aveva (ed ha) un solco per lo scorrimento della testina di dimensioni inferiori (da qui la definizione di microsolco) che poteva essere inciso in modo diverso sui due lati, consentendo la registrazione di due tracce, e quindi era un supporto adatto per la stereofonia. Aveva bisogno di una testina adeguata, a magnete mobile o a bobina mobile che, producendo in uscita un debole segnale elettrico (ottenuto dai micro spostamenti della puntina) aveva necessità di uno stadio di pre-amplificazione (anche due stadi successivi per le testine più fedeli e professionali a bobina mobile). Lo stesso pre-amplificatore phono doveva ri-equalizzare il messaggio musicale, che era inciso su disco modificato rispetto alla realtà (curva RIAA, definita dall'associazione delle case discografiche RIAA, in seguito famosa per la caccia senza quartiere agli scaricatori di musica da Internet) per sopperire alle limitazioni tecniche del microsolco.

L'EMT 948, uno dei migliori giradischi mai prodotti, tipico strumento di lavoro per le stazioni radio (cliccare per ingrandire)

Naturalmente per far girare il disco e supportare la testina nel suo delicato lavoro era necessaria una macchina specializzata, il complesso giradischi-braccio, che doveva garantire una velocità costante, una ridotta interferenza sul segnale della testina da parte delle emissioni elettriche o altri disturbi provenienti dal motore elettrico, o dall'ambiente, la capacità di seguire il solco con precisione.

Il segnale riallineato ed amplificato poteva quindi essere inviato all'amplificatore ed alle casse acustiche. Un supporto ed una catena di riproduzione messi a punto oltre cinquanta anni fa, tuttora considerati dalla maggioranza degli appassionati lo stato dell'arte, ovviamente se tutti i delicati componenti coinvolti nella catena di riproduzione sono di adeguata qualità e attentamente installati e configurati.

Un approfondimento sulla tecnologia del vinile microsolco e su come si può utilizzare ora si può leggere in questa pagina. Come noto, è una tecnologia tutt'altro che tramontata e che ha ancora convinti sostenitori.

Già negli anni '50 e poi con maggiore sistematicità negli anni '60 sono stati messi a punto i front-end per la riproduzione del disco (giradischi, braccio, testina, pre phono) considerati tuttora quanto di meglio mai prodotto, vale a dire i giradischi EMT, progettati e pensati soprattutto per le stazioni radio, e la loro versione casalinga, i celebri Thorens, le testine Ortofon SPU (a bobina mobile), EMT o Decca London.

Non tutti i sistemi di riproduzione avevano la complessità dei componenti sopra elencati o delle loro versioni per l'uso domestico, la testina magnetica poteva essere sostituita da una testina piezo-elettrica, molto meno fedele ma ad alta uscita, e che quindi consentiva di risparmiare sul costoso stadio di pre-amplificazione. Anche tutta la sezione a due canali poteva essere sostituita da un solo canale mono, così come si poteva risparmiare sulla meccanica del braccio e del giradischi. E soprattutto il risparmio poteva essere sugli altoparlanti e sulle casse, l'anello della catena più complesso e costoso.

E' in questo modo che il disco a 45 giri, ma anche a 33 giri, è diventato un prodotto di massa, e contemporaneamente si è persa la cognizione da parte della grande maggioranza degli utenti della grande qualità insita nello standard (e si è aperta la strada, anni dopo, al CD). Le realizzazioni più approssimative del sistema per la riproduzione (le fonovaligie, i cambiadischi a caduta, i mitici e famigerati mangiadischi) avevano infatti una qualità assai bassa e le imprecisioni di lettura provocavano la veloce usura dei dischi, rendendoli quasi inutilizzabili dopo un numero ridotto di ascolti.

 

Il nastro magnetico

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La registrazione audio utilizzando supporti magnetizzati è stata messa a punto negli anni '30, soprattutto grazie al contributo di alcune industrie chimiche tedesche (Basf in particolare) che sono riuscite a realizzare nastri con supporto in plastica e caratteristiche adatte allo scopo, e a quella di produttori di elettronica che hanno sviluppato sistemi di registrazione più efficaci di quelli utilizzati in precedenza.
I registratori a bobina di fine anni '30 avevano già prestazioni adeguate alla cattura di un evento musicale e dopo la II guerra mondiale sono diventati velocemente il sistema standard per la registrazione della musica, ovvero per la produzione dei "master" che sarebbero stati poi utilizzati per la stampa dei vinili.

Negli anni successivi, in particolare dopo l'avvento dei transistor e l'abbassamento dei costi per l'elettronica civile, alcuni produttori, all'inizio quasi tutti tedeschi, e poi giapponesi, hanno iniziato a produrre modelli di registratori anche per uso amatoriale, quindi in primis per registrare musica o parlato come memoria personale o per usi semi-professionali. I registratori a bobina amatoriali avevano struttura non molto diversa da quelli professionali da cui derivavano, e prestazioni non di molto inferiori o addirittura comparabili. Oggetti comunque di alto costo, erano diretti ai fruitori di musica più esigenti. L'arrivo dei giapponesi, con alcuni fortunati modelli Akai e Technics, ha consentito però una discreta diffusione di questa tecnologia, soprattutto in USA, già negli anni '60.

Le case discografiche hanno quindi avuto l'idea di proporre i loro contenuti, quindi gli album, anche su questo supporto, le bobine o reeel-to-reel tape, con i nastri pre-registrati. All'inizio (fine anni '50 - primi '60) venivano proposti  nastri in mono (solitamente a due tracce) con velocità 9,5 cm/sec (3 3/4 di pollice o ips, inch per second). Un album normale di 40-45' poteva essere contenuto in una bobina compatta da 13 cm., con dimensioni quindi simili agli attuali CD, e molto inferiori all'LP. Erano nastri registrati su due lati, quindi da voltare a fine corsa.

Dagli anni '60 le case discografiche hanno iniziato a puntare alla qualità proponendo copie in stereo e a velocità maggiore, 19 cm/sec. (o 7 1/2 ips) e su 4 tracce. In questo caso occorrevano bobine da 18 cm., comunque sempre più compatte degli LP (che erano e sono da 30 cm., come noto). E sempre con la necessità di voltare la bobina alla fine della prima parte. Venivano proposte anche bobine da 18 cm. a velocità (e qualità) inferiore, da 9,5 cm/sec (3 e 3/4"). Praticamente tutti i registratori in commercio erano a doppia velocità e potevano suonare entrambi i tipi di nastro. Altro particolare importante, erano già stereo quando una parte ancora consistente della produzione su vinile era ancora mono.

Abbastanza diffusi in USA e UK e nel Nord Europa, pochissimo in Italia, su questo supporto è stata incisa e distribuita buona parte della prima produzione dei Beatles, di Bob Dylan, Joan Baez e molti altri musicisti, oltre a molta musica classica e musical.

La qualità per i nastri a 19 cm/sec. era superiore a quella del vinile dell'epoca (con i giradischi dell'epoca) mentre a velocità dimezzata era inferiore. La praticità era inferiore perché il montaggio e smontaggio delle bobine richiedeva una certa abilità e soprattutto perché mancava l'accesso diretto, anche per arrivare alla seconda facciata di un album occorreva avvolgere tutta la bobina, ed erano necessari diversi minuti.

La diffusione è rimasta sempre su numeri molto inferiori al vinile ed è poi cessata verso la fine dei '60 in parallelo alla disponibilità di giradischi di qualità ma relativamente economici e della generalizzata produzione di LP in stereo.

Tuttora prodotti in piccolissima serie da etichette super-specializzate, i nastri a bobina ad alta velocità rimangono il vertice di qualità in campo analogico, superiori al vinile.

Per saperne di più: Magia dell'analogico: i bobina (da nostro blog).

 

I supporti alternativi: le musicassette preregistrate

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La stessa tecnologia delle bobine pre-registrate è stata in seguito proposta per supporti per la registrazione più compatti e pratici, le musicassette Philips (o MC) e per la distribuzione della musica, con le cartucce Stereo 8.

In entrambi i casi l'elemento caratterizzante era la compattezza, non essendo il disco per sua natura (a parte il "drammatico" esperimento del mangiadischi) adatto ad un uso in mobilità e soprattutto in auto.

Sono stati quindi messi sul mercato negli anni '60 le cartucce Stereo 8, e quindi, negli anni '70, le musicassette pre-registrate, che sfruttavano la stessa tecnologia delle musicassette MC Philips per la registrazione domestica.

Il primo standard ha avuto una vita breve, anche se un relativo successo per qualche anno, le musicassette invece hanno raggiunto quote di mercato ragguardevoli fino alla diffusione di massa del CD, essenzialmente per uso in auto oppure in mercati (Africa, India) dove l'elemento costo della catena di riproduzione era comunque abbastanza importante da rendere solo questa tecnologia accessibile a livello di massa.

La qualità è stata comunque sempre, ed inspiegabilmente, assai scarsa, sensibilmente inferiore ad una musicassetta registrata in casa da un qualsiasi utente dotato di un impianto Hi-Fi di media qualità.

Per dovere di cronaca si può citare anche il MiniDisc, per il quale la Sony ha proposto, per qualche anno, supporti pre-registrati, con un riscontro di mercato del tutto marginale.

Vedi anche: Musicassette e Mini Disc come strumenti per la duplicazione della musica.

 

Il supporto digitale: il CD

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Dagli anni '80 è iniziata, come noto, l'era digitale per la musica, con il Compact Disc o CD. Progettato e proposto da Sony e Philips per sostituire sia i dischi a 45 giri e LP, sia le musicassette per uso mobile, dopo un inizio stentato, a seguito di un abbassamento dei prezzi dei lettori e di un accordo globale con le case discografiche, è diventato in breve il supporto standard, di gran lunga il più diffuso (è arrivato molto vicino al 100% del mercato).

La tecnologia CD è stata resa possibile dall'abbassamento di costo di due tecnologie usate nella industria dagli anni '70, la codifica PCM (Pulse Code Modulation) nata per il mondo delle telecomunicazioni, e derivante dalla tecnologia dei computer, ed il raggio laser a luce coerente. La codifica PCM consente di campionare il segnale musicale (analogico), nel caso del CD 44100 campioni al secondo con parola da 16 bit (quindi 2 elevato alla 16 combinazioni per ciascuno) ottenuti mediante quantizzazione del segnale originale. La tecnica laser consente di immagazzinare una grande quantità di dati su un disco di materiale plastico e di trasferirlo sulla unità di lettura, con accesso diretto ai dati.

Il risultato ed i vantaggi sono noti:

possibilità di contenere sino a 74' di musica (nei primi supporti, ora si è arrivati a 100'), oltre a tutto su un solo lato

accesso diretto ai brani e possibilità di programmarne la sequenza

funzione di avanti veloce o indietro veloce

sistema di correzione di errore in grado di superare eventuali danneggiamenti e graffi del CD

eliminazione del rumore di fondo (sostituito però dal rumore di quantizzazione e dal jitter - vedi dopo - fenomeni tuttavia molto meno facilmente avvertibili)

nessun contatto meccanico tra sistema di lettura e disco, e quindi nessuna usura del disco

compattezza, sufficiente a consentire l'uso in auto

bassa sensibilità agli urti, con conseguente possibilità di uso in movimento, come le cassette (grazie ai sistemi anti-shock e/o con memoria tampone, arrivati in seguito)

teorica possibilità di visualizzare il titolo del CD e delle canzoni (inspiegabilmente e curiosamente molto raramente utilizzata dalle case discografiche)

maggiore qualità teorica del suono, in particolare gamma dinamica e risposta in frequenza, ma per molti appassionati la qualità dell'LP è rimasta superiore, e il CD lo ha solo approssimato grazie alle migliorie nelle tecniche di lettura e conversione introdotte negli anni

Per un approfondimento sullo standard CD ed in generale sulla inarrestabile digitalizzazione di tutti i canali di comunicazione, effetto della affermazione di massa dei computer, si veda la sezione sugli standard.

E' anche da aggiungere che il CD ha superato le aspettative dei suoi creatori, diventando anche il sostituto della musicassetta per registrare e duplicare la musica sotto copyright, ed aprendo l'era (infausta per le case discografiche) della duplicazione facile.

 

I supporti per la musica in alta definizione: SACD e DVD-Audio

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I limiti dei CD / Lo standard SACD / Lo standard DVD-Audio / Il DualDisc / Il DVD universale / Il tramonto dei fisici digitali / Lo studio di registrazione

 

I limiti del CD

 

I primi ascoltatori di CD erano sinceramente entusiasti, finalmente era sparito il nemico numero uno dell'LP, il fruscio di fondo, ed era possibile saltare da un brano all'altro senza indovinare il punto di discesa della puntina, il dischetto era compatto e consentiva di risparmiare spazio prezioso nella libreria, anche se leggermente rigato continuava a funzionare, il lettore non richiedeva noiose messe a punto: era arrivata una nuova era di comodità e "qualità digitale". 

Ma dopo alcuni ascolti sorgevano le perplessità, dov'era la dinamica da oltre 100dB tanto conclamata (gli LP a causa del rumore di fondo intrinseco del supporto non andavano oltre i 60-70 dB, che vuol dire parecchi ordini di grandezza in meno, essendo i decibel una scala logaritmica) e perché il suono appariva a volte sforzato e poco naturale, soprattutto sugli acuti? 

La realtà, venuta piano piano a galla negli anni successivi, è che non è affatto semplice la conversione da digitale ad analogico, sono in agguato fenomeni scoperti (o esplicitati) solo dopo, nei loro deleteri effetti, come il jitter, la differenza di sincronismo tra lettore e convertitore, oppure la insufficiente velocità di calcolo dei convertitori dei primi anni. Tutti elementi difficilmente misurabili ma avvertibili dall'orecchio umano come "fatica d'ascolto". E la dinamica era stata abbassata nello studio di registrazione perché se no i CD sarebbero stati ascoltabili solo con impianti di buon livello, e non dai coordinati, in macchina o sui walkman portatili.

Inoltre lo standard di campionamento era stato fissato a 16bit-44,1KHz ed era il massimo consentito dalla tecnologia dell'epoca, ma sarebbe servita una banda maggiore (soprattutto) e una parola più ampia per non introdurre due ulteriori elementi peggiorativi: il rumore di quantizzazione e la risoluzione insufficiente ai bassi livelli (1). E la comprova è che vent'anni dopo le stesse case che hanno lanciato il CD (Sony e Philips) o il cartello dei competitori (Matsushita e altri) hanno proposto nuovi standard, rispettivamente il SACD (Super Audio CD) e il DVD-Audio. Evidentemente il CD non era la "perfezione del suono digitale" perché la perfezione non è migliorabile. E infatti entrambi utilizzano campionamenti molto più spinti (p.es. 24 bit e 96-192KHz nel caso del DVD-Audio) e in questo modo hanno recuperato la qualità del vinile.

(1) Nello standard PCM la variazione di livello sonoro si ottiene riducendo la lunghezza della parola. Il livello massimo a 0dB utilizza la parola a 16 bit, e quindi sono a disposizione 2 elevato alla 16 combinazioni di parola (65536), ma con attenuazione di 20dB (quindi un decimo del massimo volume sonoro), le combinazioni si riducono a 6554, a -40dB ne rimangono 655, a -60dB 65, con una approssimazione del segnale originale, e quindi una distorsione di quantizzazione, sempre più marcata. Da notare che nella musica vera queste variazioni di livello sono la norma. Questi difetti non erano presenti nel vecchio standard LP, che però aveva un rumore di fondo prossimo ai 60dB e quindi comunque non consentiva una precisione adeguata a livelli estremamente bassi. I nuovi standard digitali (DVD-Audio o SACD) sono in grado però di superare questi problemi tecnici, per esempio il DVD-Audio usa parola a 24 bit (16.777.216 combinazioni) e frequenza di campionamento fino a 192KHz.

Qualità del vinile? Si, parliamo proprio del vinile, il tradizionale LP trattato in precedenza, come traguardo da raggiungere, perché alcuni produttori appassionati, resosi conto del flop musicale della prima fase del CD, hanno intravisto un nuovo spazio per il vecchio giradischi e hanno verificato che, con solo alcuni miglioramenti nella messa a punto e attenzione ai particolari più importanti, o recuperando la integrità dei giradischi e dei sistemi di lettura professionali, questo poteva confrontarsi o superare il CD. E così è avvenuto nei vent'anni di regno del CD, la fascia alta e altissima degli ascoltatori si è rivolta di nuovo al giradischi e all'LP, che è diventato un riferimento da raggiungere per i nuovi standard digitali.

Il risultato paradossale è che dall'inizio del nuovo millennio vengono proposti nel mercato Hi-Fi una grande quantità di nuovi modelli di giradischi analogici, non solo dai fornitori specializzati che non hanno mai mollato la presa (Rega) ma anche da grandi case che avevano abbandonato questo segmento di mercato (Marantz) e da un nuovo produttore che proprio grazie a questa scelta è diventato leader di mercato (Pro-Ject).

Non secondario comunque il fattore economico: dopo venti anni dal lancio (1980-2000) i brevetti del CD sono scaduti e il cartello Sony-Philips non percepisce più i diritti (royalty) sul CD Audio, con ovvia spinta al lancio di un nuovo formato.

Nel frattempo, a dire il vero, anche i CD (meccanica e soprattutto conversione), individuati i punti deboli, sono andati molto avanti e hanno nuovamente riportato la qualità di vertice prossima all'LP, mantenendo la praticità ben nota, e modelli di fascia alta di case specializzate (Marantz, Teac, Meridian, Accuphase, le italiane Audio Analogue e North Star Design, ad esempio) consentono un ascolto di qualità molto elevata. Secondo la maggior parte degli appassionati però un giradischi top riesce sempre a prevalere su una catena che inizia da un CD, anche se la distanza si è di molto accorciata.

 

Il Super Audio CD (SACD)

 

Si tratta come, noto, dello standard proposto da Sony e Philips, che erano già stati soci nel fortunato lancio del CD negli anni '80, come successore del CD.

La qualità è sicuramente molto alta, è completamente compatibile con il CD (solo nel caso però di un SACD a doppio strato - o ibrido - che può essere letto da un lettore CD, ovviamente a qualità CD, mentre il lettore SACD può sempre leggere anche i CD), e inoltre è già predisposto per il multicanale audio in formato non compresso, che dovrebbe consentire un realismo molto superiore alla stereofonia. 

(Nella figura a lato la tecnica di un SACD ibrido a doppio strato, il primo strato SACD è attraversato dal raggio laser diretto al secondo strato ,a minore densità, consentendo la compatibilità tra i due formati, ovvero la lettura del disco anche da lettori CD fissi e mobili)

Tecnicamente, il SACD è basato su un campionamento del suono analogico completamente diverso dal CD, un sistema chiamato DSD (Direct Stream Digital), che consente ovviamente una risoluzione molto superiore, ovvero una approssimazione della realtà analogica molto inferiore. 

La tecnica di campionamento è radicalmente diversa da quella PCM adottata nel CD, ed è basata, anziché su campioni a 16 o 24 bit, su un unico flusso di 0-1, quindi è definita "a 1 bit". A variare in questo caso è la frequenza, ovvero la densità delle sequenze 0-1 alternata. La tecnica viene chiamata quindi PDM (Pulse Density Modulation : densità di modulazione degli impulsi) ed era nota da tempo. Con lo standard SACD è però stata integrata da potenti filtri "noise shaping", possibili con le nuove tecnologie, che hanno consentito di usare anche con la musica questo tipo di campionamento (trasferendo fuori dalla banda audio il rumore di quantizzazione connaturato ai sistemi a 1 bit ed elevando il clock a ben 2,8224 MHz), arrivando ad una larghezza di banda molto eccedente le necessitò, fino a 100KHz e oltre. (Nella immagine a lato lo schema di suddivisione dei contenuti sul SACD e nella immagine sottostante il principio di funzionamento della codifica DSD)

  

Consapevoli della facilità di copia dei CD i proponenti del nuovo standard hanno anche integrato nello standard un sistema anti-copia, basato su "watermarking" ovvero segnali aggiunti al messaggio originario, difficilmente falsificabili e, opzionalmente, anche visibili ad occhio nudo, per la immediata riconoscibilità dei falsi; una tecnica quindi analoga a quella della filigrana nelle banconote.

Anche il SACD, come il DVD-Audio, prevede inoltre un sistema di compressione 2:1 "lossless" (senza degrado del segnale, diversa quindi dalle note tecniche MPEG - MP3 e Dolby Digital) chiamato DSF, per la gestione su un unico dischetto di registrazioni multicanale (che richiedono in alcuni casi spazio e banda di trasferimento eccedenti la capacità dello standard).

Il sistema PDM / SACD ha una qualità molto elevata, ma anche interessanti effetti collaterali: 

a) il trasferimento di dati tra il gruppo opto-meccanico di lettura e la unità di conversione è molto complesso, e quindi i lettori SACD attuali possono essere solo integrati (in altre parole non hanno una uscita digitale, come la gran parte dei lettori CD, utilizzabile per la copia diretta in digitale o l'utilizzo di una diversa unità di conversione); la registrazione può quindi avvenire solo dalla uscita analogica, con una doppia conversione, oppure dalla uscita CD, dove presente;

b) è una tecnica che ha senso solo per l'utilizzo musicale, quindi non sarà mai utilizzata né integrata sui PC, lasciando i SACD in un mondo a parte, non contagiato e contagiabile dal veloce, anarchico e incontrollabile mondo dell'informatica.

E' evidente che sono due caratteristiche che dovrebbero essere molto gradite alle case discografiche, le quali però non hanno ricambiato con il calore che ci si poteva attendere l'attenzione loro rivolta da Philips e Sony, pubblicando negli anni un numero molto ridotto di titoli, e non utilizzando quasi la opportunità di lancio fornita dal supporto a doppio strato CD-SACD (e mantenendo soprattutto i prezzi dei SACD più elevati di quelli, già cari, dei CD).

 

Il DVD-Audio

 

E il DVD-Audio? E' la soluzione alternativa per l'audio in alta definizione proposta dal cartello DVD (Matsushita e altri) in antitesi a Sony e Philips (per ovvi motivi di competizione economica), con il forte contributo tecnologico della casa specializzata Meridian di Bob Stuart (la ditta di Hi-Fi maggiormente impegnata nello sviluppo del digitale). E' altrettanto valido tecnicamente, anche se si basa su principi diversi, ma la accoglienza da parte delle case discografiche è stata ancora più tiepida, il numero di titoli molto esiguo. E il motivo principale risiede nella contiguità con il pericolosissimo PC, dove si trovano a pochi Euro masterizzatori in grado di duplicare DVD. Evidente il timore delle case discografiche di adottare uno standard per il quale la copia è semplice e alla portata di tutti, quindi di ripetere il dramma (per i loro profitti) rappresentato dalla diffusione di massa dei masterizzatori per CD.

Il DVD-Audio è una effettiva evoluzione del CD a standard PCM. Utilizza come supporto il DVD ad alta capacità, sviluppato per il cinema, ma già all'origine pensato per altri scopi (Digital Versatile Disc) e su di esso registra la musica con parola ampliata (24 bit = 16.777.216 livelli per i campioni, anziché 65.536 come nel CD a 16 bit) e con frequenza di campionamento variabile, da 48KHz (quindi già oltre i 44,1KHz del CD) a 96KHz e anche 192KHz. Naturalmente questo comporta un forte incremento dimensionale dei dati e quindi dello spazio occupato su DVD (che comunque ha una capacità 6 volte circa quella del CD), per ovviare a questo, che può essere un problema nel caso di audio multicanale, viene utilizzato dallo standard un sistema di compressione messo a punto dalla Meridian, chiamato MLP (Meridian Lossless Packing), che però, a differenza di MPEG, MP3 e simili è lossless, cioè senza perdita alcuna del contenuto informativo, e quindi della qualità audio, pur garantendo una compressione 2 a 1.

Anche il DVD-Audio esiste sia in versione stereo sia in versione multicanale (fino ad un massimo di 6, con frequenza massima ridotta a 96KHz), e proprio per quest'ultima, che richiede ovviamente uno spazio al minimo più ampio di 2 volte e mezzo (o superiori) è stato pensato l'utilizzo della compressione MLP. Mediante il MLP un DVD-Audio può contenere fino a 2 ore in stereo alla risoluzione massima (24/192) e fino a 2 ore in multicanale a 6 canali (24/96). 

Non si tratta solo di un problema di capienza del disco, ma anche di velocità di trasferimento dei dati, misurato in Mbit/dec, (bit-rate) e che nello standard DVD-Audio è limitato a 9,6 Mb/sec. Per il trasferimento dei dati che registrano l'evento audio su 5+1 canali a 96KHz/24 bit il bit-rate supererebbe i 12Mb/sec, e la compressione MLP è quindi essenziale per rientrare all'interno dei parametri previsti dallo standard.

Nella tabella seguente è riportata la massima durata in minuti di un DVD-Audio senza ricorso alla compressione.

 

Frequenza / Parola

Formato

Durata massima (PCM lineare)

192 KHz / 24 bit

2.0 canali

125'

96 KHz / 24 bit

 

 

2.0 canali

230'

5.1 canali

106'

6.0 canali

89'

 

Mediante la compressione di uno o più canali in MLP si può liberare spazio, utilizzabile per una seconda versione del contenuto in stereo a due canali, per la "video zone" (con videoclip, interviste ai cantanti ecc.).

Con queste premesse il DVD Audio non può che suonare bene, meglio del CD, ma anche teoricamente del SACD che può superare in termini di definizione (il SACD è equivalente a 88,2 KHz). Così è in effetti, anche se le case discografiche hanno pubblicato molto poco in questo formato e i produttori di hardware non hanno messo sul mercato lettori specializzati. Una prova a confronto tra CD e DVD-Audio si può leggere sul nostro blog.

Dal punto di vista della praticità ha svantaggi e vantaggi rispetto al SACD. 

Uno svantaggio, all'origine, era la incompatibilità con il CD (i DVD-Audio non possono essere letti dai lettori CD). Un problema relativo a casa (dove potrebbe essere presente un lettore DVD di ultima generazione, multi-standard) ma più pesante in mobilità (Car Audio e walkman) dove non risultano notizie di lettori compatibili DVD-Audio. Nel 2004 però il Forum DVD (la organizzazione che raccoglie i promotori del nuovo standard) ha approvato una variante chiamata DualDisc, un dischetto a doppia faccia, compatibile con i lettori CD, annullando questo svantaggio.

Altro svantaggio è la necessità di collegare il lettore ad uno schermo TV per gestire le opzioni selezionabili da menu, come per esempio la selezione di audio stereo o multicanale. Teoricamente superabile con lettori opportunamente dotati di un loro schermo o display, che però non risulta nessuno abbia mai messo in produzione.

Un vantaggio è, per contro, la possibilità di leggerli su PC e quindi magari di creare un CD o una raccolta di MP3 per l'uso in mobilità.

 

Il DualDisc

 

Il DualDisc è una evoluzione del DVD-Audio approvata dal DVD Forum a maggio 2004. Consiste nell'utilizzo del retro di un dischetto DVD-Audio per la registrazione degli stessi contenuti in standard CD, con l'obiettivo di rendere i supporti compatibili con gli onnipresenti lettori di CD, e quindi utilizzabili in auto, in mobilità, fuori casa su impianti CD di amici o simili.

Tecnicamente il DualDisc è quindi semplicemente un dischetto doppia faccia, che presenta lo stesso programma musicale (per esempio un album) su un lato in standard CD, stereo, e sull'altro in standard DVD-Audio, tipicamente in audio multicanale (per far percepire ai potenziali clienti la differenza funzionale). Il lato DVD può essere anche ibrido, contenere quindi anche altre informazioni (il contenuto musicale in multicanale, videoclip, immagini, software per collegarsi al sito dell'artista ecc., link web) o includere solo contenuti video, quindi prescindere completamente dal formato DVD-Audio.

Le possibilità di organizzazione di un DualDisc e i lettori abilitati a leggerlo sono riassunte nella tabella seguente.

   

Lato CD

Intero disco in formato standard CD

Lettori CD fissi e mobili e car-audio

Lato DVD

 

 

Intero disco in formato multicanale Dolby Surround o DTS compresso

Lettori DVD standard (non DVD Audio)

Intero disco in formato multicanale DVD Audio compresso MLP (High Definition)

Lettori DVD multi-standard compatibili DVD Audio

Formato stereo alta qualità non compresso

Videoclip in formato DVD Video dei brani più significativi (in aggiunta ai contenuti audio)

Lettori DVD qualsiasi

 

Sul DualDisc è stato inoltre approvato l'uso dello standard di compressione AAC, il sistema di compressione sviluppato dalla Apple per il proprio sistema iTunes (portale) e iPod (lettore), una evoluzione dell'MP3 (MPEG-4). La compressione AAC serve per memorizzare una terza versione dei contenuti, in formato compresso appunto, per l'utilizzo su PC, qualora le case discografiche decidano di proteggere il contenuto in formato CD con sistemi anti-copia.

Un possibile problema rimarcato dai primi osservatori è rappresentato dalla scelta del supporto fisico, che deve essere di categoria DVD 5, usata per i DVD a singola faccia, invece che DVD 9, quella usata per i DVD doppia faccia (che esistono già). Questa scelta deriva dalla necessità della compatibilità, essendo il DVD 9 non in grado di essere letto da molti lettori per auto o similari (è troppo spesso). Ne deriva però una possibile limitazione sullo spazio, derivante dalle necessità di stampaggio e saldatura, e quindi della quantità di dati registrabili che, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere limitata a 60' sul lato CD, una durata insufficiente per molti album di recente produzione. Senza peraltro che siano del tutto risolti i problemi di compatibilità meccanica dei lettori, spesso riportata dagli utenti (vedi i feedback su Amazon).
Il lato DVD può avere problemi di capienza per contenere il multicanale in 5+1 canali (compressa MLP), la versione stereo non compressa e i contenuti addizionali (foto, videoclip, ecc.), la versione stereo dell'album può essere presente solo sulla facciata CD. 

 

Il DVD Audio e il PC

 

Nel corso degli anni è cresciuto l'interesse dei produttori di software audio per PC verso il nuovo standard. Alcuni noti editor hanno introdotto il DVD-Audio come formato per il salvataggio delle elaborazioni effettuate (output). Ad esempio Wavelab5 della Steinberg, un completo sistema di editing che consente di acquisire, elaborare o generare suoni, consente il salvataggio in DVD-Audio multicanale 5:1, e quindi è possibile con esso generare master o demo direttamente in questo formato, per professionisti o appassionati.

Una evoluzione che consente di fare un paio di osservazioni: a) se i produttori di software si rivolgono al DVD-Audio, significa la chiusura totale (e voluta) dello standard SACD verso il mondo PC e in generale verso qualsiasi uso dei supporti che non sia l'ascolto casalingo passivo, ne ha limitato fatalmente il campo di interesse.

 

Il DVD "universale"

 

In realtà il DVD Audio non è altro che una personalizzazione dello standard DVD, come si è visto. In un normale DVD cosiddetto "universale" si possono inserire gli stessi contenuti musicali in alta definizione, in stereo o in multicanale, lasciando la parte video vuota o con una immagine fissa, con il vantaggio di poter essere letto su qualsiasi lettore DVD, non solo su quelli che supportano anche il supporto DVD Audio, e sostanzialmente nessun svantaggio.

Questa possibilità è stata sfruttata da alcune case discografiche "audiophile" per proporre dischi digitali ad alta definizione. Un formato a cui è stato dato anche il nome di DAD (Digitale Audio Disc) o HDAD (High Definition Audio Disc) se a 192KHz. Ed è anche la strada che si segue normalmente per trasferire su supporto fisico la musica in alta definizione ottenuta tramite Internet.

Per saperne di più: Il DVD per la musica in alta definizione, Creare un DVD solo audio

 

Il tramonto dei supporti fisici in alta definizione

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Il SACD che era nato come successore del CD per iniziativa di Philips e Sony, è stato proposto senza troppo convinzione dalle case discografiche e dai produttori di hardware e ha concluso la sua storia, almeno per le major del disco, dopo meno di 10 anni dalla sua introduzione sul mercato, allafine del primo decennio del III millennio.

E' continuata la produzione di ristampe di celebri LP jazz (come quelli degli anni '60 di Miles Davis) da parte di piccole etichette specializzate, fino circa al 2015.
Nella musica classica la produzione non è mai cessata e prosegue ancora, ma è limitata ad etichette minori o molto specializzate, solitamente anche in multicanale. Nei negozi sono presentati (in Italia) di solito assieme ai normali CD e sono posizionati nella stessa fascia di prezzo, non viene evidenziato quindi in alcun modo il plus dell'alta definizione.

Ancora più breve la storia del DVD-Audio, sul mercato prima del SACD, nel 2002, e cessato nel 2007. Il supporto fisico in HD "open" è stato fortemente penalizzato dalla necessità per il lettore di essere collegato ad un monitor TV per i comandi principali (come la selezione tra le tracce stereo e multicanale) e dal fatto di essere stato quasi del tutto ignorato dai produttori di hardware principali che, a differenza che per il SACD, non hanno proposto lettori specializzati o di fascia alta (tranne un produttore molto particolare e che purtroppo ha cessato la produzione nel 2019, la Oppo Digital).

Come è successo anni prima per il vinile, negli anni successivi i dischi SACD e in parte i DVD-Audio sono stati riproposti sul mercato dell'usato a prezzi di vendita crescenti nel tempo.

Per saperne di più: La storia dei successori del CD e le problematiche della successione del CD.

 

La tecnica di registrazione e il SACD

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Rimane forse un dubbio, dopo questa ampia trattazione sui nuovi sistemi per la distribuzione della musica: come viene registrato all'origine l'evento musicale, come si produce il cosiddetto "master", dal quale saranno tratti i CD, e/o i SACD, DVD-Audio (o LP)?

Fino all'avvento dell'era digitale si utilizzavano registratori professionali (Ampex, Studer, Tascam) con nastri da 1/2 pollice o 1 pollice e registrazione ad alta velocità (38 o 72 cm/sec.), collegati solitamente a complessi mixer per la registrazione multitraccia (per la registrazione di musica elaborata: pop, rock, progressive, o anche per la musica orchestrale complessa) oppure a mixer più essenziali per la musica acustica da riprendere in presa diretta (jazz, musica da camera). Al contorno c'erano compressori / decompressori (DBX), riduttori di rumore (Dolby), generatori di effetti e così via, e alla fonte, microfoni di elevata qualità (elettrostatici o a nastro, o anche dinamici) con i loro mixer specializzati.

Ad iniziare dagli anni '80 tutta questa tecnologia analogica è stata progressivamente sostituita da tecnologia digitale, l'unica parte immutata è quella microfonica (per forza), che è collegata però ora a potenti convertitori analogico / digitale. Il messaggio musicale digitalizzato viene quindi trattato da componenti in genere simili nella funzione (mixer), a volte innovativi (campionatori ed elaboratori sonori) ma rimane nel dominio digitale fino al convertitore digitale / analogico presente nell'impianto dell'utente finale, per noi ascoltatori di musica.

Ma quale dei numerosi standard sopra descritti viene usato per la conversione e il trattamento in digitale? Nella maggioranza dei casi è il classico PCM, ma a frequenza di campionamento e parola più elevate di quella del CD (di solito 192KHz / 24 bit, a volte anche superiori, 32bit e 384KHz). In alternativa può essere usata la tecnica PDM a 1 bit, cioè la tecnica di campionamento DSD usata per il SACD e descritta in precedenza. Anche qui con diversi livelli di risoluzione, quella standard usata per il SACD (DSD64), oppure campionamenti a maggiore frequenza (DSD128, DSD256 e DSD512). Dove il numero indica il multiplo della frequenza di campionamento del CD (44.1KHz), quindi 64 volte (2.8MHz circa) oppure 128 volte (5.6MHz) e così via. Questa è la frequenza con cui è campionato il suono con questo sistema, usando però campioni di un solo bit e due valori (0 o 1). Ovviamente maggiore è la frequenza e più elevata è la risoluzione.

L'ideale sarebbe una coerenza tra la tecnica di registrazione e il supporto fisico finale, quindi la situazione nella quale il SACD (unico supporto fisico in alta definizione rimasto) sia stato registrato con il sistema DSD. Quando così non è sono state eseguite forzatamente delle conversioni di formato rispetto alle quali gli addetti ai lavori si pongono dubbi. E che in ogni caso non avrebbero motivo di esistere. Anche se si tratta comunque di differenze all'ascolto, se esistono effettivamente, difficilmente rilevabili all'ascolto, il problema è che non sempre sui SACD acquistati è dichiarata la tecnica di registrazione. E questo vale anche per la musica liquida acquistata.

 

La tecnica di registrazione e il vinile

 

Quello che vale per i CD e i SACD o gli scomparsi DVD-Audio vale anche per i dischi in vinile. Se il contenuto musicale è stato registrato dopo gli anni '80, proviene da una registrazione in digitale, con sistema PCM o DSD. Ed è passato in fabbrica per un convertitore digitale analogico, per produrre il master da cui sono stampati i vinili.

Quindi  i puristi del suono analogico  possono togliersi un dubbio e abbandonare una speranza: è proprio materialmente impossibile godere pienamente della "magia dell'analogico" per registrazioni posteriori agli anni '80. Può essere possibile che comunque l'ascolto dal vinile dello stesso contenuto audio in analogico sia preferibile all'ascolto?

Teoricamente no, se partiamo dalla considerazione che ogni successivo passaggio non deve aggiungere nulla al contenuto musicale originale e se aggiunge qualcosa questo qualcosa è da considerare una distorsione, e casomai il rischio è che tolga invece qualcosa, avendo specifiche di dinamica e risposta in frequenza (e distorsione) inferiori. A meno di considerare che quello che aggiunge sia una distorsione "eufonica", una sorta di equalizzazione (casuale e non voluta) che migliora il suono, rendendolo più caldo (inconsciamente associamo al digitale immagini metalliche e all'analogico immagini calde e levigate).

Siamo evidentemente nell'area della soggettività, perché nulla di tutto ciò è dimostrabile oggettivamente, anche se ogni tanto qualche recensore si avventura in tentativi di spiegazione tecnico-fisica. Proprio perché è una differenza soggettiva l'unico consiglio che si può dare è di provare in proprio il suono del vinile e di confrontarlo con l'ascolto in alta definizione (o anche in qualità CD) e verificare se nella propria percezione soggettiva c'è un miglioramento. Quello che si può affermare con sicurezza è che un peggioramento evidente e avvertibile non c'è, se il sistema di lettura dei vinili è di buona qualità, quindi chi è affascinato da questo supporto, che è destinato probabilmente ad essere l'ultimo supporto fisico, non ha che da provare. Seguendo se vuole la nostra guida dedicata al ritorno al vinile

       

Appendice: La registrazione su rulli musicali

 

La registrazione su rulli musicali (music rolls) con successiva riproduzione su uno strumento in grado di suonarli (normalmente un pianoforte predisposto allo scopo) è stata la tecnica di registrazione / riproduzione più vicina all'evento originale, più fedele, fino alla disponibilità dei componenti elettronici attivi e quindi di microfoni sufficientemente fedeli. Chiaramente limitati a pochi generi musicali ma fedele per definizione utilizzando lo stesso strumento usato in sala concerto.

Tecnicamente il sistema era una evoluzione del carillon, soltanto che non venivano registrate solo la sequenze delle note con durata (o valore) fisso, ma veniva anche registrata la dinamica, ovvero il volume sonoro con la quale la nota veniva suonata dall'esecutore (da "piano" a "forte", appunto) e la durata di ogni nota (dalla semibreve alla semibiscroma, con relativi allungamenti e accorciamenti dell'esecutore). Gli elementi base quindi che consentono di suonare gli accordi e le linee melodiche che noi chiamiamo "musica".

Per registrare queste informazioni venivano applicati alle corde e martelletti di un pianoforte / registratore opportunamente preparato magneti e circuiti elettrici per rilevare l'inizio e la fine di ogni nota e la gamma dinamica, per le due sezioni della tastiera, alti e bassi (chiave di violino e chiave di basso). Nel sistema messo a punto dall'azienda americana Ampico, una delle più attive e di maggior successo del settore, queste informazioni venivano registrate su due distinti rulli di carta (quindi di lunghezza elevata), uno per la sequenza delle note, e il secondo per le informazioni dinamiche e di durata, e poi il tutto veniva trasferito su rulli di carta perforata che fungevano da supporto e sono tuttora reperibili sul mercato dell'usato. La precisione non era sempre garantita ed era necessario anche un lavoro di post-produzione affidato a tecnici / musicisti che correggevano gli errori di trascrizione della macchina prima del trasferimento della registrazione sul rullo di carta che veniva posto in commercio.

In questo modo sono state registrate le esecuzioni di pianisti dell'epoca, tra cui quelle citate del più celebre, il famoso Rachmaninov dalle doti interpretative straordinarie, anche per virtuosismo, come testimoniato dai contemporanei. Per far "rivivere" la interpretazione del musicista è sufficiente quindi usare come sorgente questi rulli (ovviamente sono stati ben conservati) su un pianoforte / riproduttore (player piano). Questo è stato fatto sin dagli anni '70 ad esempio dalla Decca, adattando il sistema di riproduzione a pianoforti da concerto e ricreando decenni dopo, con possibili approssimazioni, il suono prodotto da Rachmaninov con il suo strumento. Naturalmente non c'era nessuno che potesse testimoniare la efficacia della trasposizione, ma a giudizio dei critici le esecuzioni sembrano corrispondere alle testimonianze dei contemporanei.

Molti altri sono stati i produttori di sistemi di questo tipo, dalla Duo Art alla italiana Curcio già citata, con sistemi in parte diversi ma che puntavano allo stesso scopo. Piani Ampico restaurati sono ancora in azione presso vari appassionati ed istituzioni e si possono vedere e ascoltare le performance con gli Ampico rolls su molti video in YouTube. Nella immagine in alto un piano Boesendorfer dotato della meccanica di riproduzione Ampico restaurato in anni recenti. Nel cassetto inferiore si possono vedere (cliccare per ingrandire) il rullo di carta con il sistema di lettura e parte dei meccanismi elettro-meccanici.

 

I canali di distribuzione  

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Mediatore (casa discografica, editore, major) e distributore (fabbrica per la stampa, grossista, negozi al dettaglio specializzati, punti di vendita in grandi magazzini, edicole) sono diventati nel corso del tempo soggetti separati e tali sono tipicamente rimasti. 
La distribuzione del prodotto finito sino all'era della musica digitalizzata e distribuita sulla rete Internet con varie modalità è stata suddivisa tra grandissima distribuzione (edicole), grande distribuzione (punti di vendita nei grandi magazzini, catene di negozi) e negozi indipendenti.

Ci sono stati casi di editori che sono entrati anche nella distribuzione (è il caso dei negozi Ricordi in Italia, poi assorbiti dal gruppo Feltrinelli, o dei megastore Virgin presenti in UK e altri paesi) ma si è trattato comunque di una presenza percentualmente non rilevante, lontana da qualsiasi possibilità di imporre un monopolio od oligopolio sulla distribuzione.

La distribuzione ha avuto per un lungo periodo un ruolo importante, in quanto controllava circa il 40-45% del prezzo del CD prima delle tasse, quindi costituiva dal punto di vista del mediatore, e delle majors, sia un necessario complemento, sia un target.

Prima dell'avvento del CD il settore della distribuzione aveva un altro importante vantaggio: i dischi fonografici venivano infatti distribuiti con il sistema del "reso" (come i giornali e le pubblicazioni nelle edicole, praticamente in conto vendita) e quindi non richiedevano forti immobilizzi di capitale. Con il CD, godendo di una particolare posizione di forza, le case discografiche hanno imposto un sistema di distribuzione allineato al resto dell'industria, da qui probabilmente la resistenza iniziale di molti negozi e catene al CD e i prezzi superiori al vinile. Resistenza poi travolta dalla forte aspettativa di mercato.

La distribuzione nelle edicole, in genere come allegati a pubblicazioni varie, reintroduce ovviamente il sistema del reso, e consente, grazie anche a ciò, numeri di vendita di molto superiori agli altri canali.

Con l'avvento di Internet ai canali tradizionali si sono affiancati sistemi di vendita in grado di sfruttare la grande capacità di comunicazione offerta dalla rete: i negozi on-line, che vendono supporti per corrispondenza (Amazon, eBay, CDNow ecc.) e i portali specializzati per la distribuzione immateriale, quindi download di musica su file audio (iTunes e altri non presenti in Italia per la musica compressa, HDtracks, HighResolution Audio e altri per la musica in HD).

In particolare Internet ha consentito di rilanciare con molta maggiore efficienza il sistema di vendita via posta, con la costituzione di un soggetto quasi monopolista a livello mondiale (Amazon) ma la possibilità di utilizzare lo stesso sistema, tramite accordi con i vari gestori di posta nazionale, anche da parte delle case discografiche stesse (es. Deutsche Grammophon). I support fisici (CD, SACD o vinile) si acquista quindi sui portali web che consentono anche un preascolto dei contenuti, e vengono spediti per posta.

In sintesi la situazione attuale (vedi sempre la data dell'ultimo aggiornamento a fine pagina) della distribuzione dei supporti fisici vede come canali ancora attivi:

  • Negozi specializzati indipendenti o appartenenti a catene (in continua diminuzione come numero)

  • Distribuzione tramite edicole (anch'essa in diminuzione e occasionale)

  • Distribuzione via posta dal soggetto principale del mercato (Amazon) di supporti sia nuovi sia usati (tramite negozi virtuali partner di Amazon)

  • Distribuzione via posta dal soggetto principale per la vendita tra privati (eBay) di supporti in maggioranza usati ma occasionalmente anche nuovi

  • Distribuzione via posta dai siti delle case discografiche

  • Distribuzione via posta da altri soggetti minori che replicano il modello eBay o Amazon.

Approfondimenti

 

Approfondimenti: i nuovi standard audio e video  
Per saperne di più sui supporti fisici HD: www.superaudio-cd.com (SACD), www.dvdforum.org (DVD),
www.dualdisc.com (DualDisc)
 

© Alberto Maurizio Truffi - Musica & Memoria 2005 - 2020 / Aggiornamento Luglio 2014 (Registrazione su rulli) / Aggiornamento Gennaio 2015 (Tecnica di registrazione SACD e vinile / Distribuzione supporti fisici) / Maggio 2020 (Aggiornamenti)

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