Covers e traduzioni |
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Il contesto era molto diverso da oggi, l'Italia era uno dei principali mercati mondiali del disco, i 45 giri di successo raggiungevano il milione di copie ed oltre (un "disco d'oro" era arrivato sino a che i singoli avevano ancora un mercato, a 50 mila copie vendute, un disco di grande successo dell'epoca, come per esempio La bambola di Patty Pravo, vendeva 9 milioni di copie). Gli italiani poi sapevano l'inglese anche meno di oggi, e quindi apprezzavano molto di più le canzoni, se cantate in italiano. Gli stessi cantanti stranieri (inclusi pesi massimi come i Rolling Stones o Stevie Wonder) erano spinti dai loro discografici a cantare versioni in italiano dei loro successi. La versione italiana poteva riguardare un pezzo che era già un successo internazionale (come I’m a Believer dei Monkees o Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum), e quindi un successo garantito anche in Italia, e in questo caso poteva esservi anche una specie di gara a chi la traduceva prima (come Bang Bang, tradotta contemporaneamente sia dall'Equipe 84, sia dai Corvi, sia da Dalida, sia da altri minori) oppure canzoni del tutto sconosciute da noi, o magari di autori mai diventati veramente famosi in Italia presso il grande pubblico, come i Kinks dei fratelli Davies, a cui hanno attinto non pochi gruppi e cantanti italiani.
Naturalmente è esistita in parallelo una tradizione di musica non commerciale che ha costituito la ispirazione per la nuova canzone italiana, a partire da Brassens o Cohen tradotti da Fabrizio De Andrè e Nanni Svampa o Bob Dylan tradotto da Francesco De Gregori, ma questa è un'altra storia. |
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Per saperne di più: Il fenomeno delle cover in Italia, Cosa intendiamo per cover |
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