Complessi Beat. Gli stranieri in Italia |
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Indice: |
Bad Boys / Bigs / Black Stars / Casuals / Chriss & The Stroke / Dave Anthony's Moods / Ingoes / Mike Liddel / Motowns / Primitives / Renegades / Rocky Roberts & The Airedales / Rokes / Sorrows |
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Gli altri: |
I gruppi italiani più noti / Altri complessi / Le testimonianze dal mondo beat |
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Vedi anche: |
Elenco discografico / I complessi per regione / Le cover / Le canzoni di protesta / Le copertine / Aggiornamenti e revisioni / Bibliografia beat / Le playlist Beat / Le Top-5 di M&M / La radio negli anni '60 / I complessi beat oggi |
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Gli stranieri in Italia |
In Gran Bretagna invece, nonostante una domanda di musica altrettanto forte (ma che trovava anche nelle prime radio libere una risposta), si verificava un eccesso di offerta, nel senso di un gran numero di gruppi di media e discreta professionalità che non riuscivano a sfondare sul mercato interno. Lo sbocco alternativo primario, come a suo tempo per i Beatles, era rappresentato dalla Germania, dove era anche presente un forte contingente militare americano (e si trattava di giovani di lingua inglese). Il mondo che iniziava ad accorciarsi fece però venire la idea a molti gruppi di spingersi più a Sud, in Italia, o ad alcuni discografici di trovare gruppi, e potenziali successi, in UK, e quindi di affidare canzoni da cantare in italiano (con forte accento inglese, gradito, dava un tono di autenticità) a complessi che venivano presentati come già noti internazionalmente. Esiste addirittura un caso sospetto, di un cantante beat che parlava e cantava con forte accento inglese, si chiamava, o si faceva chiamare, Ricky Shayne e il suo grande successo fu la melodrammatica canzone Uno dei Mods. Lui diceva di essere americano, del Massachussets, le malelingue che fosse di Trani in Puglia. Solo da poco qualcuno (noi) ha scoperto la verità. Oltre a quelli che si sono stabiliti e hanno avuto successo in Italia (e in molti casi solo qui) e che sono trattati nel seguito, molti altri complessi hanno fatto incursioni in Italia, proponendo versioni in italiano di loro successi o partecipando al Festival di San Remo e incidendo le loro canzoni in italiano. Così è stato per gli Yardbirds di Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page e gli Hollies di Graham Nash (a Sanremo), per i Los Bravos, per i Rascals e addirittura per David Bowie (con auto-cover di loro successi). |
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Altro gruppo di provenienza inglese, in patria si chiamavano The Exotics. In Italia incisero con discreto successo alcune cover, tra cui quella di un brano molto battuto all'epoca, "I'll Go Crazy", una cover dei Moody Blues (da James Brown), con il titolo Nella gabbia. Rimasero nel gruppo di mezzo dei complessi e conclusero la carriera con la fine dell'epoca beat. |
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Dave Anthony's Moods |
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The Ingoes |
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Un cantante inglese arrivato in Italia con un suo gruppo, chiamato The Eccentrix; riscontri scarsi ed un ritorno con maggiore successo con un gruppo tutto italiano, gli Atomi, con il quale tentò anche la facile strada di una cover alternativa de "La tua immagine", la "versione" italiana di The Sound of Silence di Simon & Garfunkel. Altri brani "La mia Inghilterra", scritta dal compianto Roby Ferrante, una versione di "We Can Work It Out" dei Beatles (Nelle mani tue) e il disco del 1968 "La fine del mondo / Buon compleanno" nel quale era accompagnato da un altro gruppo (Le Voci o i Giaguari). Da registrare anche la partecipazione a Studio Uno, principale trasmissione leggera della RAI di quegli anni, nella primavera del 1966 e la assidua frequentazione del Piper Club. |
Motowns (front-man Lally Stott) |
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Primitives (front-man Mal Ryder) |
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Renegades (front man Kim Brown) |
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Ian "Match" Mallett (basso), Michael Richard "Kim" Brown (chitarra solista, voce), Graham Stewart Johnson (batteria), Denys Gibson (chitarra accompagnamento), poi sostituito da Joseph "Joe" Dunnett nel 1966, anch'esso sostituito nell'anno successivo da Mick Wembley. |
Per saperne di più: Discografia italiana, Discografia completa |
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Registrarono qualcosa con Colin Hicks, ma vennero notati da un manager discografico italiano, che era poi il noto ex cantante e attore Teddy Reno, che propose loro di accompagnare i concerti della moglie Rita Pavone; dopo questa esperienza e qualche traversia decise anche di fare incidere al gruppo alcuni 45 giri, cambiando però il loro nome nel più efficace, in Italia, Rokes. Per anni si è detto che si trattava di un nome scelto da Teddy Reno, perché suonava bene in italiano, ma che non significava nulla in inglese. Ora in Internet girano versioni diverse, che attribuiscono la paternità del nuovo nome a Charlton, il termine avrebbe un significato in Inghilterra (pagliuzze di ferro, rimasugli) ma comunque non è citato nei dizionari, forse è un termine gergale o dialettale. Probabilmente sono vere entrambe le versioni.
Quando il beat iniziò a dare segni di esaurimento iniziarono a oscillare tra le aspirazioni a salire verso le nuove atmosfere che si respiravano nel mondo della musica, la psichedelia in particolare, sotto l'impulso del leader Shel Shapiro, e le spinte contrarie dei discografici, indirizzate a capitalizzare la notorietà del nome per brani di presa immediata e graditi al grande pubblico. Così arrivarono da un lato brani ambiziosi come Finché c'è musica mi tengo su, e dall'altro versioni di successo di cavalli di battaglia dell'entertainment internazionale, lontanissimi dal beat, come Lascia l'ultimo ballo per me. Inevitabile la uscita di scena nel 1970, troppo caratterizzati come gruppo del passato, pur se recente, per trovare ancora spazio. |
Norman David "Shel" Shapiro (voce, chitarra ritmica), Bobby Posner (basso), Raymond John "Johnny" Charlton (chitarra solista), Mike Shepstone (batteria, voce) |
Per saperne di più: Discografia completa / Sito semi-ufficiale / Videoclip di "Bisogna saper perdere" / Il successo mondiale di Let's Live for Today (Piangi con me) / I testi delle canzoni |
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Un altro moderato successo sempre di genere hard-beat fu Verde, rosso, giallo e blu, i Sorrows (dopo un cambio di formazione) si erano ormai stabiliti in Italia, ma la loro fedeltà a un genere e uno stile musicale forse troppo difficile per le attese del mercato italiano, ancora alla ricerca del ritornello e della melodia di facile presa, li fece allontanare presto dal centro del successo. Il cantante e leader Don Fardon tenterà poi una carriera solistica in UK e in USA, cogliendo un minor-hit (top-20 nel 1968), con una sua versione di Indian Reservation. |
Per saperne di più: Discografia e formazione / Mi si spezza il cuore |
A proposito dei Dave Anthony's Moods. Dal libro citato "In cerca degli umori di Dave" l'incipit del racconto degli inizi del gruppo nella scena musicale milanese (e italiana) del 1967: «Al loro arrivo a Milano i ragazzi vengono subito ingaggiati al prestigioso Piper Club di Viale Alemagna 6, il locale gestito da Leo (Watcher); la prima sera suonano solo un’ora, dalle 21 alle 22, ma poi come da contratto per tutti i giorni si esibiscono in due set dalle 19.00 alle 23.00 circa. Il loro alloggio è in una minuscola pensione sull’angolo di Via Lamarmora e via della Commenda - il gruppo ci è arrivato una sera fredda e piovosa verso le 20.00 e il loro furgone si è subito incastrato tra le rotaie del tram - Bob che è alla guida, fa appena in tempo a spostarlo prima che sopraggiunga una vettura sferragliante! Questo posto viene ricordato da alcuni di loro come abbastanza modesto, ma pulito e confortevole; si chiama “Pensione Key”, sta al primo piano di un edificio con la facciata piastrellata, ed è gestita da una signora matura, una donna polacca che prende subito a ben volere questi stravaganti inglesi. Al club conoscono diversi musicisti e dopo i concerti si rilassano al bar bevendo e chiacchierando con altra gente fino a tarda notte; diventano subito amici dei New Dada (Bob Michaels ricorda di essere stato invitato a pranzo più volte a casa del loro batterista Franco Longo), e legano molto con l’Equipe 84, il gruppo modenese che ora vive a Milano in una fantastica villa di via Bodoni, anche se a dire il vero sono soprattutto Roger, Tim e Andy a frequentare il celebre quartetto ...» |
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